Con un’amica, giornalista in una radio di movimento, mi reco ai seggi nel quartiere di Plaka.
Sono stati allestiti in una scuola aperta su una delle tante stradine che conducono all’Acropoli, tra botteghe artigianali e negozi di souvenir.
Ci accoglie un piccolo cortile; piante di rose, ulivi, un aranci; lungo il muro una lunga vasca di pietra con rubinetti che mi ricorda la mia scuola elementare di mezzo secolo fa, una vasca analoga a cui la maestra ci faceva lavare le mani all’inizio e alla fine delle lezioni (e a volte interveniva lei direttamente su orecchie e colli non abbastanza puliti).
Nel cortile incontriamo i rappresentanti di lista.
Per il SI c’è un signore attempato, in abito di lino e panama, accompagnato dalla moglie in seta e gioielli; si presenta come ufficiale di marina in pensione, già candidato alle ultime elezioni politiche per Nea Democratia.
A rappresentare il NO c’è un giovane sui trent’anni, laureato in architettura, operaio, disoccupato da cinque anni. Le sue risposte pacate, la fermezza senza enfasi, assieme all’aumentata affluenza dei votanti (famiglie con bambini, gente comune, anziani e tanti giovani) sono una garanzia per il superamento del quorum e per la vittoria del NO.