Morire a vent’anni perché non si accetta di subire un mondo deturpato dall’ingiustizia e dalla devastazione sociale e ambientale; perché si ama la vita e la bellezza, si conosce la voce dei boschi, il sorriso delle erbe e delle acque, lo sguardo dolce dei cuccioli.
Morire perché si è capito che la passiva accettazione del sopruso distrugge il presente e nega il futuro, che la forza liberatrice e collettiva esiste, ed è praticabile; perché non ci si adegua ad aspettare dall’alto un riscatto che non verrà.
Morire perché la violenza del potere punisce duramente chi non vuole essere schiavo.
Piangere Rèmi vuol dire lottare ancora, lottare sempre, consapevoli che l’ingiustizia è immensa, ma non invincibile.
Dalla Clarea un grido di rabbia e di solidarietà.