Lettera dal carcere

Sto bene, sono contenta della scelta che ho fatto perché è il risultato di una causa giusta e bella, la lotta NoTav che è anche la lotta per un modello di società diverso e nasce dalla consapevolezza che quello presente non è l’unico dei mondi possibili.

Sento la solidarietà collettiva e provo di persona cosa sia una famiglia di lotta. L’appoggio e l’affetto che mi avete dimostrato quando sono stata arrestata, e le manifestazioni la cui eco mi è arrivata da lontano, confermano che la scelta è giusta e che potrò portarla fino in fondo con gioia.

Parlo di voi alle altre detenute e ripeto che la solidarietà data a me è per tutte le donne e gli uomini che queste mura insensate rinchiudono.

CONTRO L’INGIUSTIZIA DEL POTERE, LA RESISTENZA È UN DOVERE


A questo principio si ispira ormai da trent’anni il movimento NO TAV e, da sempre, rispondono le lotte sociali e ambientali, in tante parti del paese e del mondo.

Contro tale resistenza, il sistema ha messo in campo leggi, eserciti, tribunali e carceri.

I territori, le persone, la natura sono più che mai materia bruta di sfruttamento da parte di un capitale che, nella sua arroganza dimentica di ogni limite, in nome del profitto infinito, accumula sulla propria strada morti e rovine, fino a mettere in discussione la sopravvivenza stessa del Pianeta. Anche in Valle di Susa l’opposizione popolare che, forte della memoria operaia e resistenziale, ha deciso di dire NO al TAV, grande, mala, inutile, costosissima opera, e al modello di vita che la produce, sta pagando tale resistenza ad un prezzo altissimo, a livello giudiziario, economico, esistenziale, con centinaia di condanne penali e civili, multe, fogli di via, revoche di permessi, militarizzazione del territorio. Il tutto con la complicità attiva dei governi passati e presenti, espressione istituzionale del partito trasversale degli affari, e con il supporto dei mass media di regime.

Per denunciare tutto questo e per ribadire la dignità di una lotta collettiva che non si piegherà, ho deciso di non chiedere sconti al potere invidioso e vendicativo che, con i tre gradi di giudizio dei suoi tribunali, ha condannato al carcere me e altri undici attivisti, per “violenza privata e interruzione di pubblico servizio”.

Denuncio inoltre le storture e l’iniquità di un sistema poliziesco e giudiziario che, lungi dal garantire I diritti di tutti e soprattutto dei più deboli, si è piegato ad altri e diversi interessi, rendendosi complice del tentativo di silenziare con la violenza chi lotta per la giustizia sociale e ambientale.

Come me, sono state condannate ormai centinaia di persone e, in particolare, i nostri migliori giovani, che si sono visti infliggere pene abnormi per aver esercitato un diritto garantito dalla costituzione: condanne per cui essi oggi rischiano di perdere il lavoro, il diritto allo studio, la famiglia, la casa, il futuro.

Erano i primi giorni di marzo 2012, giornate di rabbia e di mobilitazione: la nostra piccola baita – presidio in Clarea occupata a suon di manganellate dalle “forze dell’ordine” dopo gli otto mesi di resistenza che seguirono alla presa della Libera repubblica della Maddalena e all’occupazione militare del territorio. Luca, uno di noi, in ospedale a lottare tra la vita e la morte dopo che un poliziotto l’aveva fatto cadere dal traliccio su cui si era arrampicato per sfuggire alle botte: Le dichiarazioni provocatorie del governo Monti a favore del TAV e contro la resistenza di un’intera popolazione al progetto.

Salimmo in manifestazione sull’autostrada con uno striscione su cui era scritto “ Oggi paga Monti” ed alzammo le barriere dei caselli, permettendo la libera circolazione su una delle strutture autostradali più devastanti e costose d’Italia.

Non me ne pento e sarei pronta a rifarlo. Non chiedo per me misure alternative al carcere perché, per ottenerle, dovrei riconoscere il disvalore della mia condotta: non sono disponibile ed esercito così, ancora una volta, la mia libertà.

So di avere con me il sostegno delle mie sorelle e dei miei fratelli di una lotta bella e irriducibile, perché porta nelle sue mani la memoria del passato, l’indignazione per la precarietà presente, la necessità di un futuro più giusto e vivibile per tutti.

Se andrò in carcere, non me ne pentirò, perché, come scrisse Rosa Luxemburg, dalla cella dove scontava la sua ferma opposizione alla guerra, “ mi sento a casa mia in tutto il mondo, ovunque ci siano nubi, e uccelli, e lacrime umane”.

Nicoletta Dosio

La partita a scacchi continua

Oggi visita dei carabinieri. Non era per accompagnarmi in carcere, ma per verificare l’idoneità della mia casa a diventare per un anno la mia prigione e saggiare la disponibilità del mio compagno di vita a condividere la mia galera domiciliare.
Ho risposto che non ho chiesto misure alternative, quindi, ancora una volta, non sono disponibile ad essere la carceriera di me stessa: i domiciliari non li rispetterò.
Ma com’è che questa “giustizia” forte con i deboli e debole con i forti”, pronta a mandare in carcere un povero diavolo che sottrae ad un supermarket due scatolette di tonno, risoluta a randellare con i suoi tribunali ogni opposizione sociale (come sanno bene le donne e gli uomini del movimento NO TAV), cerca di evitare nei miei confronti un provvedimento che la sua stessa”legge” le imporrebbe?
Vedremo nei prossimi giorni. La partita a scacchi continua.