Diario di viaggio: Savona 4 aprile

2014-04-04 21.36.24Savona. L’odore del mare ti accoglie di lontano, anche se gli alti muri di cantieri e infrastrutture ne impediscono la vista; ti insegue lungo viali e giardini, nelle antiche piazze, per le vie che salgono in alto, verso l’entroterra.

Nel cuore di Savona c’è una piazza e in essa una grande campana dedicata alle vittime delle guerre; ai suoi rintocchi, ogni sera, il traffico si ferma, cade il silenzio, per ricordare. Lì ci attende Marco, nostro ospite e accompagnatore.

L’incontro sull’ ”altra Europa” si tiene alla Libreria Ubik, un presidio di cultura e di impegno sociale e ambientale.

Il dibattito è ricco di voci e di suggerimenti.

Si approfondiscono i temi della qualità della vita, del lavoro, dell’ambiente. Le testimonianze mandano in frantumi gli stereotipi del Ponente ligure turistico e benestante. Anche qui morde la crisi, la precarietà. Il dissesto idrogeologico è il frutto avvelenato della speculazione edilizia e dell’incuria del territorio. Lavoro e salute sono messi a repentaglio dalle fabbriche di morte, come la centrale a carbone di Vado, la Tirreno Power, recentemente posta sotto sequestro per disastro ambientale e omicidio colposo (secondo il magistrato, “dal 2000 al 2007 sarebbero da attribuire alle emissioni della centrale 442 morti , tra 1700 e i 2000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari, nonché 450 bambini ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d’asma tra il 2005 e il 2012″). Quanto ai trasporti ferroviari, costituiscono un vero e proprio incubo per i pendolari costretti a viaggiare su una linea ancora a binario unico, soggetta a rischio frane, come ha dimostrato il recente disastro ferroviario di Cervo-San Bartolomeo.

Alla libreria lascio una bandiera NO TAV e ne ricevo in cambio una maglietta NO CARBONE: è una specie di patto di mutuo soccorso, un impegno di resistenza comune.

La serata si conclude in un Circolo dell’entroterra. Vi arriviamo attraverso stradine incassate tra i muri a secco. Terra scabra, ciuffi di canne, torrenti ora secchi, ma che le grandi piogge possono trasformare in fiumane rapinose.

Buon cibo, profumi di basilico e tre meravigliosi musicisti di chitarra e violino. La loro musica evoca orizzonti lontani, campagne sconfinate dell’est e notti attorno al fuoco; e parla di te, del tuo tempo breve e del tempo infinito dell’universo.

Affiorano volti smarriti, ricordi, pensieri dimenticati.

Penso ai buoni giganti della Clarea, i castagni centenari caduti sotto le ruspe del TAV; all’inutile vagare degli animali intorno ai muri del fortino, in cerca di tracce cancellate per sempre.

Tanto scempio va fermato prima che sia troppo tardi. Quella musica che si fa pianto per la bellezza perduta può diventare grido di lotta, talismano di liberazione.