Cardano al Campo. Vi arriviamo percorrendo i territori della Brianza.
Dire Brianza, per l’immaginario collettivo significa dire classe medio-alta benestante, di industriali e padroncini con la Maserati; e una piccola borghesia garantita, operai specializzati, formatisi con un apprendistato di bottega capace di plasmarli non solo professionalmente, ma anche culturalmente, in funzione del corporativismo interclassista. Mobilifici, tessile, industria automobilistica e motociclistica.
Ma se dallo stereotipo si passa al concreto, emergono altri aspetti: una “crisi” usata per precarizzare il lavoro, abbassando diritti e salari al fine di renderli competitivi contro i nuovi mercati emergenti; l’aumento del lavoro nero, delle fabbriche-dormitorio dove gli immigrati vengono sfruttati 24 ore su 24; la rincorsa alle grandi male opere (autostrade, speculazione edilizia, “grandi eventi” quali l’Expo) che inghiottono terreni e agricoltura consegnando il territorio alle mafie.
Abbandoniamo l’autostrada per addentrarci nei paesi. Boschi, monocultura del mais da insilati là dove c’era la coltivazione del lino e della canapa. Vecchi borghi contadini diventati un agglomerato ibrido di cascine, villette a schiera, piccole fabbriche, centri commerciali. Parchi di ville signorili blindati da muri e cancelli.
Nelle piazze, dai tabelloni elettorali sorridono insulsi faccioni di candidati alle più svariate elezioni.
Notiamo un’invasione di manifesti leghisti che invitano a firmare i referendum, tra cui quello per l’abolizione della legge Merlin e la riapertura delle “case chiuse”; il tutto “ai fini di tutelare la salute pubblica, combattere il degrado, tassare la prostituzione, il che permetterebbe entrate fiscali per circa 4 miliardi l’anno”. Sepolcri imbiancati, pieni di ipocrisia e di iniquità, che vorrebbero rimpinguare le casse dello stato con i proventi della vendita di carne umana, mentre sono totalmente consenzienti anzi compartecipi a dilapidare beni comuni e pubblico denaro nelle grandi opere di morte (non dimentichiamo che, per i vertici leghisti, Expo ha un solo difetto, il nome previsto per la mascotte, Guagliò, troppo napoletano…).
Non meno inaccettabile un altro referendum, quello che chiede lo STOP alla partecipazione degli immigrati ai concorsi pubblici, e dà il via libera alla guerra tra poveri che tanto piace ai padroni. Eppure quante badanti immigrate accudiscono agli anziani genitori di chi vorrebbe interdire loro pubblici servizi e impieghi, negare lo ius soli ai loro figli; quanti lavoratori migranti tengono in piedi, come manovalanza sottopagata e senza diritti, i loro laboratori, le loro aziende agricole!
E non siamo forse noi un popolo che ha conosciuto il dramma dell’emigrazione verso altre regioni, paesi europei, continenti?
Uno spirito diverso troviamo al Circolo Quarto Stato, dove si terrà l’assemblea sull’altra Europa possibile. E’ un luogo che della vecchia casa del popolo ha l’anima conviviale e la capacità di aggregazione sociale; accanto agli anziani compagni ci sono i giovani a dar brio al locale con musica, buoni piatti e buon vino.
La Marcia dei lavoratori ci viene incontro dalla parete centrale, a coinvolgerci in un cammino che dura e che, nella diversità dei tempi e dei luoghi, ci porta lo stesso messaggio: la disuguaglianza non è l’unico orizzonte ; liberarsi è possibile; insieme è più facile andare.