Dalla parte di Penelope

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La politica politicante saccheggia la mitologia, si appropria del mito di Ulisse, l’eroe crudele in guerra, innamorato dell’avventura che lo perderà, rispetto alla quale gli affetti quotidiani diventeranno un intermezzo dimenticato.

 

Accanto ad Ulisse è riscoperto Telemaco, il figlio che si avventura alla ricerca del padre.Telemaco legittimo erede del regno, del potere insidiato dalla torma dei pretendenti, nobili debosciati, prepotenti nullità.

 

Ma io voglio cantare Penelope, la donna, sposa di colui che, al richiamo delle trombe di guerra, l’ha lasciata, attratto dalle sirene del potere che si rinsalda su morti e devastazioni. Penelope, madre di un figlio cresciuto sul mito eroico del padre lontano, combattente inflessibile…..Ma forse lei, al bambino che voleva sapere, avrà narrato di un padre affettuoso , delicato e generoso, partito a malincuore perché lo imponeva la ragione di stato, malato di nostalgia e affamato di ritorno, non tanto per il ruolo di re, ma per le ragioni del cuore, per amore del figlio, della donna che amava, del vecchio padre, di quell’isola di pietre e vigne che rappresentava la sua culla e il suo ultimo orizzonte.

 

Penelope la resistente, che con l’intelligenza e il cuore dà scacco matto alla mala genìa dei pretendenti, i quali la vogliono come appendice indispensabile al regno che solo la sposa del re può garantire e legittimare.

 

La tela che Penelope tesse di giorno e disfa di notte non è soltanto il pegno di fedeltà al marito assegnatole dalla convenzione (e forse riscattato dall’amore), ma è soprattutto prova del suo spirito di libertà, della consapevolezza di essere donna, persona autonoma, non oggetto di intrallazzi politici e di dominio.
Di Ulisse sappiamo che, dopo il ritorno, lasciò ancora Itaca e andò a morire in un viaggio verso l’ignoto, con un gruppetto di fedeli, irriducibili compagni.

 

Di Penelope nulla più si dice, ma la immagino dolce e tenace, tra nipoti e pronipoti, o solitaria, sulla riva del mare, libera dall’attesa di Ulisse, a scrutare l’orizzonte che va oltre il tempo e le parla di noi delle nostre vite, dei nostri sogni.

 

Ed è suo il messaggio che, dal mare di Itaca fino alla Clarea, ci giunge, con la voce delle acque che vince il fragore del tempo, non intercettabile da sgherri e tribunali, per dirci che un mondo diverso è possibile ed ha la tenera, inflessibile, forte e gentile intelligenza delle donne.