Fogli di diario – Sabato 11 gennaio 2020

Oggi la mia Valle è a Torino, in manifestazione per noi prigionieri, per le migliaia di indagati e processati, per quanti sono già passati dentro queste celle, dietro le sbarre del non-luogo dove ora vivo.
E’ la prima manifestazione NO TAV a cui non prendo parte di persona, ma solo con la forza dell’immaginazione che nasce dai ricordi.
Probabilmente, a sfilare, ci sarà la mia sagoma di cartone, preparata dai compagni romani ai tempi della mia “evasione” (che giorni gioiosi e ironici furono quelli, pieni di incontri e di avventura, di assemblee e di viaggi in ogni parte del paese….).
Sono rimasta in cella a scrivere, a pensare. In questo pomeriggio di sole la sezione sembra disabitata. Le mie compagne sono scese all’aria: come resistere ad uno scampolo di sole e di cielo azzurro, anche se intravisto in alto, sopra i muri?
Mi giungono attutite le voci dalle prime celle, quelle di isolamento e, dalla rotonda, le chiacchiere delle guardiane.
Anche i cortili che portano verso l’esterno conoscono il vuoto del sabato e dei giorni festivi: niente furgoni, gruppi di parenti avviati al padiglione colloqui, niente andirivieni di figure in divisa, solo un grosso gatto grigio steso ai piedi di un muro, a prendere il sole. A un certo punto compare un’ambulanza che si avvia lentamente verso i blocchi di uscita….
A tenermi compagnia ci sono i passeri: si sono accorti di me seduta alla finestra ed arrivano a sbirciare furtivi, attraverso le maglie della rete, sicuri di trovare le immancabili molliche.
Intorno pesa un senso di ineluttabile costrizione, eppure non sono triste, perché so di fare la cosa giusta e di avere con me l’amore e la condivisione di tutto un popolo….
Tuttavia com’è lontana la casa un po’ caotica ma mia, la stanzetta sui tetti, piena di libri e di ricordi…
E Luna, Tito, Ninetta, Lindo… e gli altri mici senza nome che, di buon mattino arrivano al mio balcone dove troveranno, come sempre, un po’ di cibo.
L’asinella Dorothy e il capretto Juri saranno alla staccionata in attesa di fieno e carote. E il fedele Argo continuerà ad aspettare, al cancello, il mio ritorno ( non dimentico quel suo sguardo smarrito e il suo seguirmi passo a passo, la sera del mio arresto)….
La mia cella si affolla di infinite presenze, persone, animali, i vivi e quelli persi per sempre…
Accendo la TV per vedere l’ora. Le quattordici.
A qualche chilometro da qui, nel centro cittadino, starà partendo il corteo. …musica…parole…bandiere al vento…
Con l’arroganza consueta, le “forze dell’ordine” avranno stretto un cordone sanitario intorno a uomini, donne, bambini, perché il contagio della dignità e della ribellione non possa allargarsi, divenire tempesta.
Eccomi con voi, sorelle e fratelli di lotta e di vita… Anch’io, come sempre, sto camminando dietro lo striscione…..si alzano gli slogan….dal furgone arriva l’onda della musica che parla di dolce, autentica ribellione…. “Si parte e si torna insieme”… “I popoli in rivolta scrivono la storia, NO TAV fino alla vittoria!”…
Anche questo è la felicità.

Nicoletta

Al Movimento NO TAV

Care, cari,
oggi vorrei essere materialmente con voi alla prima assemblea NO TAV dopo mesi di forzato generale isolamento, ma il mio isolamento continua. In ogni caso, col pensiero sono presente e voglio farvi giungere almeno queste poche parole, per dirvi quanto siano stati preziosi per me i vostri messaggi che mi arrivavano in carcere attraverso gli scritti e le notizie portate da Silvano e dai nostri compagni avvocati. Erano un antidoto a mura, blindi, cancelli, che possono imprigionare il corpo, ma non la libertà di pensare, ricordare, progettare. Mi sentivo protetta dal vostro affetto e sostenuta dalle tante iniziative che avete messo in campo.
Il carcere è più invivibile per chi non ha nessuno fuori ad aspettarlo ed a pensare a lui; voglio perciò abbracciare e ringraziare particolarmente le mie sorelle NO TAV che si sono organizzate per far giungere scritti ed aiuti materiali a quelle altre donne con le quali ho condiviso tre mesi della mia vita e, che, con dolore, ho lasciato dietro le sbarre.
Voglio anche esprimere vicinanza a quanti di voi si sono visti strappare le persone care dall’epidemia: un’intera generazione ci è stata sottratta e con essa la memoria diretta di lotte e di vita dura, affrontata con umile tenacia. E voglio ricordare la compagna Giuseppina Bianchi, sempre presente alle nostre iniziative, insieme ai compagni del Biellese….
Mentre scrivo, ripenso a questi trent’anni in cui il movimento NO TAV è nato e cresciuto ben oltre i confini della Valle.
Ricordo con meraviglia e commozione quel suo prendere corpo e forza giorno dopo giorno, sulla lotta concreta, reinventata ogni momento, capace di aggregare e mettere a frutto storie diverse, fatte di terra, esperienze, saperi, utopie concrete, sul filo di una condivisione non formale che si faceva legame d’ amore tra esseri umani e con la natura.
La libera repubblica della Maddalena è stata forse il punto più alto e sofferto e la commozione di quei giorni ancora dura in noi e ci spinge ad andare avanti
Il passato ci sia talismano per il presente in cui tutto torna e il conflitto col nemico di sempre si avvicina.
Aspetto con impazienza il giorno delle barricate, in cui mi libererò per essere, come sempre, tra di voi. Nicoletta

Fogli di diario 8 – 10 gennaio 2020

Tutta la notte mi è giunto un lamento. Viene dalle prime celle, le celle di rigore, che mi dicono essere usate anche per gli psichiatrici . E’ un lamento flebile, per questo più terribile, perché disperato. Come si può prendere sonno quando a pochi metri da te c’è un dolore senza risposta e senza conforto?
Cercando di non svegliare la mia concellina, mi siedo alla finestra, sulla desolazione di questi cortili di cemento, dove la notte è senza stelle
………….
Da “radiocarcere” ho avuto notizie della donna rinchiusa nella cella di rigore. E’ arrivata qui da da un’altra città dove vive la sua anziana mamma. Ha problemi psichiatrici. Non può tenere in cella né fornellini né accendini e neppure le cose minime ( quali?) che potrebbe utilizzare per offendersi e offendere. Si è ribellata ad una guardiana che le è zompata addosso durante un momento delle sue crisi e l’ha graffiata…

Mi chiedo che cosa ci faccia qui dentro una creatura come C., come possa essere questa la medicina per il suo disagio di vivere…

…………..

Ho chiesto di andare in infermeria, in rotonda, per misurarmi la pressione… Passando, ho buttato un occhio attraverso lo spioncino della prima cella.
Completamente nuda, su un materasso a terra, in una cella vuota. Dorme. Intorno fa freddo, il freddo di gennaio in un carcere.
Mi rivolgo alla secondina che mi sta accompagnando : “ perché?” “si impiccherebbe con le sue mutande”. “ ma questa è la soluzione?” “ Dosio, sbrigati.”

…………
Oggi visite: una consigliera regionale, a me cara e non per la politica, ma per l’umanità; un deputato, accompagnato/controllato a vista da un graduato del carcere.
Ho chiesto loro di andare a vedere quella cella numero 1 , dove è reclusa quell’inerme, abbandonata all’assurdo….
…………

E’ notte fonda, non posso dormire. Tendo l’orecchio in questo silenzio pieno di storie, di rabbia e di sogni. Nulla. Tutto dorme e in cielo sta avanzando la luna, grande come non l’ho vista mai, e inonda con la sua luce i cortili, abbraccia i fabbricati, ma non riesce a penetrare attraverso le finestrelle dei cubicoli in cui siamo recluse. Compagna luna, porta conforto a C. nella sua cella di rigore….
………..

Mattina. Ho chiesto di rimisurarmi la pressione. Percorrendo il corridoio dietro la guardiana,Sbircio dentro cella di C. Sul materasso c’è una sagoma sotto una coperta. C. avrà un po’ meno freddo….
Stamattina in infermeria c’è il medico. Esamina la mia cartella clinica. Mi parla cordialmente e si spinge a domandarmi se mio marito è d’accordo con la mia scelta per lui incomprensibile. Come posso raccontargli di tutta una vita di lotte comuni, condivise, sulle quali si è radicato un mondo?
Gli chiedo di C. Lui mi dice che per le donne il “luogo di cura psichiatrico” sta proprio nelle prime celle della sezione “nuove giunte”, e non perché ci siano particolari professionalità ad esse dedicate, ma perché ci sono le telecamere per controllare…

Ritorno nel mio cubicolo. Mentre passo, mi fermo davanti alla prima cella. Il blindo è semiaperto. C. è vestita. Allungo una mano attraverso le sbarre, lei me la stringe….
La guardiana mi richiama.: “sbrigati, in cella!”.