Costretta ancora una volta a vivere solo di lontano la resistenza NO TAV ai mulini di Clarea.


Seguo questi momenti col cuore in gola; vedo con angoscia i filmati e le foto sui social.
Giovani e giovanissimi disarmati davanti ai lacrimogeni e ai manganelli di sempre; visi e corpi ragazzini a fronteggiare quelle figure senza volto, che si celano dietro caschi e scudi.
Sono arrivati con le ruspe a demolire le barricate alzate a protezione del presidio.
L’area dei mulini per il momento è ancora interdetta alla sbirraglia: l’ultima barricata saranno i tetti antichi, i grandi alberi dei brevi cortili, nei quali ormai da più settimane si resiste.
I mulini sono da oggi senz’acqua, deviata a monte in modo da togliere ai presidianti una risorsa indispensabile; ne faranno le spese anche la terra, gli animali dei boschi.
Una giornata interminabile cede il passo ad una notte piena di insidie; ma i ragazzi non sono più soli: la Valle è salita, attraverso sentieri quasi impraticabili, a sostenere la lotta.
Si moltiplicano foto e filmati a raccontare la vita di una comunità che, pur sotto attacco, non rinuncia all’allegra ironia, alla fantasiosa inventiva di sempre.
Per la prima volta io non sono con loro: a questi miei giorni che vivono di ricordi e di previsioni manca la libertà dell’azione , ridotta come sono ad essere la prigioniera di me stessa, rinchiusa in questa mia casa dolce-amara.
Mi dà commozione vedere i volti dei vecchi compagni, ma più ancora scoprire i tanti giovani e giovanissimi, quei loro sorrisi che dicono la meraviglia e l’orgoglio della nuova esperienza, del sentirsi dalla parte giusta, col futuro tra le mani, non barattabile, da difendere a tutti i costi: un futuro da stringere in un pugno alzato al cielo, come un grido gioioso, contro il nuvolone armato che avanza sulla strada dei mulini.
Armi che non basteranno a vincere la forza del cuore e della ragione, di cui, da sempre, si alimenta la lotta NO TAV.
Come dice una delle nostre canzoni, sono i popoli in rivolta a scrivere la storia; e il vento della rivolta ricomincia a soffiare, non solo in Clarea….

Cara Haidi,
il 20 luglio si avvicina.

Penso a te e so che quel 20 luglio di diciannove anni fa è sempre presente, come il dolore che non passerà.
Quel venerdì in cui Carlo fu assassinato sull’altare del G8, noi eravamo a Bussoleno, in quella via Fontan che ora anche tu conosci, a fare gli ultimi preparativi per la discesa a Genova, in vista della manifestazione conclusiva, programmata per l’indomani.
La notizia di quel giovane morto per mano dei “tutori dell’ordine”ci riempì di rabbia e di sgomento. Il telefono cominciò a squillare in continuazione, per i tanti che chiedevano un posto sul pullman, perché le donne e gli uomini movimento NO TAV, allora fanciullo, volevano esserci a quella manifestazione che aveva ormai assunto il sapore di un momento cruciale, in cui si sceglie per sempre da che parte stare.
Scendemmo dalla Valle di Susa in nove pullman e, all’uscita di Genova-Nervi, ci si parò davanti, in tutta la sua arroganza, l’apparato repressivo che di lì a poco avrebbe invaso anche le nostre strade e di cui non ci siamo ancora liberati.
Di quel giorno ricordo la marea multicolore che riempiva corsi, piazze, vicoli fino al mare di Boccadasse, quella selva di bandiere, striscioni, cartelli che gridava al cielo dolore e non rassegnazione, e la gente dalle finestre, il refrigerio che, nel gran caldo, ci veniva dall’acqua gettata a secchiate.
Ma ricordo soprattutto quel nuvolone buio di armati in assetto antisommossa che, a un certo punto, si infilò nel corteo dividendolo in due, proprio all’altezza dello spezzone NO TAV. Allora, per la prima volta, respirammo il veleno dei lacrimogeni di ultima generazione, quelli al CS che, pur vietati anche in guerra, sono però usati comunemente contro le proteste sociali e che da anni, ad ogni manifestazione NO TAV, ad ogni passeggiata collettiva in Clarea, vengono sparati a profusione, nei paesi e nei boschi, bruciandoci i polmoni e avvelenando il terreno.
La settimana dopo tornammo a piazza Alimonda per lasciarvi la bandiera NO TAV: la consegnai proprio a te, Haidi, e tu la appendesti alla cancellata della chiesa, insieme alle infinite testimonianze di un dolore muto: infatti non esistevano parole capaci di dire l’orrore per quella morte di ragazzo, per l’ineluttabilità del non ritorno.
Un dolore senza possibile risarcimento, perché davanti a quella pistola spianata, sotto le ruote di quella camionetta erano finiti, insieme a Carlo, i suoi sogni, i progetti sul futuro, la generosità di una vita che sapeva darsi agli altri e che non tollerava l’ingiustizia; e venivano calpestati anche i ricordi di un passato che lo sguardo sincero e sorridente di quel ragazzo faceva intuire felice e amato.
Penso al tuo strazio di allora, Haidi e al dolore che dura, alla fatica di portare alla luce la verità su quel giorno e su quella morte, una verità tanto più evidente quanto più il sistema tenta di oscurarla.
Mia cara sorella, Carlo sarà per sempre nel cuore di tutti noi e anche la tua famiglia ci sarà, perché insieme a noi avete percorso i sentieri della lotta e condiviso l’amore per questa nostra terra, per la quale quegli stessi poteri assassini hanno decretato carcere e devastazione e che le donne e gli uomini del movimento NO TAV si preparano ancora una volta a difendere con la passione di sempre.
Tanti sono i giovani e giovanissimi determinati a far vivere l’ultimo nato, il presidio dei mulini di Clarea e le barricate sorte a sbarrare il passo alle ruspe e alle annunciate colate di cemento. Con loro Carlo ci sarebbe stato….Carlo c’è.
Noi non dimentichiamo.
Nicoletta

Tramonta un altro giorno di lotta NO TAV in Valle di Susa.

Il presidio dei mulini di Clarea è più che mai vivo e attivo, popolato di giovani e giovanissimi.
L’impegno di tanti anni non è stato vano, perché lascia il testimone ad una nuova generazione resistente, consapevole, generosa.
La libera repubblica della Maddalena, che nove anni fa abitò questi stessi luoghi e visse giorni e notti come queste, vede rinascere ora la propria concreta utopia.
Contro la forza di questo amore nulla potranno veramente i devastatori con le loro ruspe e la loro sbirraglia, come nulla possono l’asfalto e il cemento contro la tenacia delle radici che stanno smangiando a poco a poco i piazzali del cantiere, per riprendersi la terra che fu per loro casa e vita.
Vorrei essere materialmente con voi, care compagne e compagni, ma sono impedita dall’alienazione degli arresti domiciliari.
Intanto, vi affido allo splendore dei cieli notturni ed agli animali dei boschi, perché veglino sul vostro riposo.