Presenze

camoscioBoschi, piccole radure fiorite, cieli che hanno già la luce dell’autunno; il silenzio percorso dal vento di questa mattina di fine agosto.

I monti, intorno, si ergono amici: i Quattro Denti a Nord-Ovest, a Nord-Est il Rocciamelone; all’orizzonte, lungo la via di Francia, emerge lo Chaberton.

Tutto è pace e bellezza.

L’anomalia sta lì sotto, in quel catino trasformato a cantiere, in quella lebbra che ha mangiato i boschi e ha mutato i prati in depositi di cemento dove pesano ruspe, trivelle, blindati, container, vasche di decantazione, nastri trasportatori, carrelli su rotaie, capannoni, dormitori, edifici mensa, garitte, blindati, lince, idranti, pulmini, furgoni, centine, cumuli di smarino della galleria, camminamenti su cui si intravede qualche sparuta figura in grigioverde.

I muri che circondano il cantiere, da quest’altezza, sono linee sbiadite, mentre domina il viadotto autostradale, da cui il rumore delle auto giunge attutito ma costante, una fastidiosa nota di fondo, che però nulla può contro la voce del vento.

Qui, intorno a me, la natura è potente; con i suoi calanchi parla dei millenni, della forza dell’acqua che scava la pietra, incide strapiombi e dà vita a piante ed animali.

Davvero risibile è la superbia di quel cantiere là in basso che il franare di queste pareti instabili o la forza del torrente inferocito può travolgere e cancellare in un attimo.

A guardare il cantiere dall’alto non sono sola: poco lontano, tra i calanchi, sufficientemente contro vento per non avvertire la mia presenza, sta un piccolo camoscio: ne vedo distintamente il manto fulvo, la mascherina intorno agli occhi, il musetto arguto. Sosta brevemente, poi si avvia lungo una traccia, scompare nella macchia, riappare su un sabbione. Prima di sparire definitivamente tra le rocce , si volta per un attimo nella mia direzione. E’ quell’immagine che mi porto appresso, sulla via del ritorno.

25colchicoAi margini di una radura trovo i primi colchici bianchi e lilla: davvero l’autunno non è lontano.

A fianco del Movimento NO TAV Terzo Valico

1185380_1406709493-kRjE--990x556@LaStampa.itNo TAV Terzo Valico resiste.

Sappiamo quanto sia dura e quanta determinazione sia necessaria.

Ma il bisogno di dignità, il diritto alla bellezza e all’armonia della vita, il sogno concreto di un mondo diverso, più giusto, libero e  vivibile per tutti , la forza dell’azione collettiva sono l’antidoto che vince l’interiorizzazione della sconfitta e libera la certezza che, insieme, si può.

Siamo con voi. Stessa rabbia, stessa determinazione

Si ribella il presente perché il futuro possa esistere.  Nicoletta

Da Genova, all’Altra Europa

carlo_viveUomini e topi, due grossi topi intenti a rodere un pezzo di pane e, poco lontano, un gruppetto di uomini, seduti a terra, a ridosso di antichi ruderi, a ripararsi dal solleone, abulici, come chi ha rinunciato anche all’illusione e si porta addosso la propria storia come un vestito liso. Intorno, una fiumana indifferente di turisti , di viaggiatori frettolosi.

Ecco l’ultima immagine che mi torna in mente di una lunga giornata romana, un pugno nello stomaco prima di farmi inghiottire dalla stazione Termini, anch’io fiondata verso un ahimè costosissimo Freccia Rossa che sta per partire.

Vi parrà questo un modo singolare e forse un po’ provocatorio da parte mia, di inviarvi il mio saluto , oggi che non sono con voi, perché ho scelto di andare a Genova, per ricordare Carlo ed i giorni del ControG8, che sembrano così irrimediabilmente lontani, anche se sono passati soltanto tredici anni.

Eppure dura e pesa quella sensazione che ci portiamo dentro, di speranza violentata ; ancora accende ribellione quel crogiolo di storie, età, esperienze, provenienze diverse, accorse a Genova per assediare i palazzi dove i signori della guerra e della finanza si erano riuniti a sancire i loro sporchi giochi di dominio globale. Striscioni, bandiere, canzoni, slogan, milioni di passi nei cortei gridavano un NO unanime e irriducibile a quel modello di vita e di futuro.

Ora che il potere violento e vendicativo del capitale sembra avere vinto, ora che la guerra e la repressione sono gli strumenti quotidiani contro chi non si adegua e lotta ancora, sappiamo quanto sia non solo possibile, ma indispensabile il mondo diverso che diede forza e voce a quei giovani liberi e generosi e finì colpito a morte insieme a Carlo.

Se avremo ben chiaro che lo sfruttamento, la disuguaglianza , la devastazione ambientale, la guerra del Nord contro il Sud del mondo (non più soltanto dimensione geografica, ma sociale) non sono una stortura del sistema, ma l’essenza del sistema stesso, allora, sgombri di ogni illusione riformistica e concertativa, potremo trovare nel conflitto i nostri compagni di strada….

E scopriremo che non tutti i semi di resistenza si sono persi nella mattanza di quel lontano luglio genovese: essi hanno il volto e le storie dei nostri figli e tornano a germogliare, dentro la precarietà, in nuove istanze di giustizia sociale, nell’amore per la terra, nella rabbia antica che si fa insieme mano solidale e lotta inflessibile.

Al loro fianco potremo costruire davvero non solo l’altra Europa, ma il mondo diverso possibile.

Allora anche chi vive tra le macerie, ridotto ad invisibile, riacquisterà voce e dignità, perché nella lotta nessuno viene lasciato indietro, ognuno è indispensabile, si parte e si torna insieme.