Risposta ad LTF: Verrà giorno….

nic 001Ad una missiva che ho ricevuto soltanto per conoscenza, anche se in prima persona sono l’oggetto del contendere, oppongo alcune, brevi, sentite considerazioni.

Il senso della comunicazione è chiarissimo: un’ arrogante, maldestra provocazione.

Ltf, annessi e connessi non sono i padroni, ma gli indebiti occupanti ed autori di una devastazione ambientale e sociale che stanno portando avanti a suon di miliardi di denaro pubblico.

Dunque “visitare il sito” non è una gentile concessione di LTF, ma un diritto, anzi un dovere, uno strumento in più per documentarsi e non certo ai fini di “superare l’opposizione al cantiere”, ma per organizzare l’opposizione ad un’opera che è obbligo morale fermare, prima che sia troppo tardi.

A chi ha conosciuto e amato quei luoghi com’erano prima e ne ricorda la stradina tra le vigne, i boschi di betulle, i castagni centenari, percorrerli ora provoca un’invincibile rabbia, non attenuata certo da quattro piantine di viole del pensiero che, dalla soglia di un prefabbricato, guardano smarrite il deserto.

Quanto alla minaccia di “agire in sede civile al fine di ottenere il risarcimento dei danni tutti subiti”, e non solo nei miei confronti (io sola mi sono ammanettata), ma contro tutti gli accompagnatori (evidentemente LTF conosce e applica lo slogan NO TAV “si parte e si torna insieme” ), un’ultima semplice considerazione: è davvero capovolto il mondo in cui i danneggiatori chiedono il risarcimento ai danneggiati.

Tanta arroganza merita una sola risposta: il conflitto senza mediazioni, generoso, collettivo, contro la logica del profitto e del potere, per la liberazione dell’uomo e della natura.

 

La legalità del manganello

9cad464ffa7647d81359d9e8b510719b-024_MGTHUMB-INTERNAOggi a Brescia Renzi ha riciclato la teoria fascista del corporativismo: padroni e operai tutti uniti sotto l’etichetta che non prevede conflitti, scioperi e rivendicazioni degli sfruttati contro gli sfruttatori.

E’ il “bene comune” marca Jobs Act che lo chiede, quello che sancisce l’alleanza globale del capitale e porta alla liquidazione finale di diritti conquistati da cinquant’anni di lotte e corrosi nel tempo da violenze padronali e connivenze politiche e sindacali.

Contro tutto questo deve sorgere (ed e già quasi tardi) un conflitto collettivo degli oppressi che si organizzano senza possibili mediazioni.

Non interpreta i bisogni reali chi, dai palchi sindacali, a Torino, chiama provocatori gli studenti che manifastano contro i ministri del lavoro europei rinchiusi a concertare ulteriori precarizzazione e sfruttamento. E non rappresenta i lavoratori manganellati chi, a Roma, chiama “lavoratori” i manganellatori in divisa.

Solidarietà attiva agli antagonisti che oggi a Brescia, nonostante le manganellate, non hanno rinunciato ad assediare il palazzo dove, tra sorrisi e applausi, si consumava l’ennesima, umiliante svendita di quei diritti costruiti sul sangue partigiano e operaio, di giustizia sociale, libertà, solidarietà tra oppressi, salvaguardia sociale e ambientale, dignità e futuro per chiunque da qualunque parte del mondo.

Con gli operai, contro i padroni.

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Ecco come il Governo del Jobs Act accoglie gli operai di Terni.

Contro operai, studenti, precari, popolazioni in lotta la musica è sempre la stessa, quella dei padroni, a suon di manganelli, lacrimogeni, tribunali. Lottiamo insieme per cambiare musica e suonatori! Questa l’unica solidarietà davvero efficace.