la legge non è uguale per tutti

Che limagesa legge non sia uguale per tutti non lo scopriamo ora, ma sento il dovere di ribadirlo, dalla mia ostinata e, a quanto pare, invisibile evasione; un’evasione che si sostiene sulla solidarietà da parte del Movimento NO TAV e delle tante realtà resistenti capaci di fare, del nostro paese e del mondo, un luogo dove ha ancora senso vivere e spendere concreta speranza.

Sono cosciente che la mia condizione è l’eccezione che conferma la regola, una regola che viene sistematicamente applicata nei confronti di chi viola le misure cautelari e si oppone alle vessazioni della cosiddetta Giustizia, a Torino come altrove.

Sono convinta che la verità sia rivoluzionaria e che la conoscenza sia diritto di tutti e strumento importante di giustizia sociale, per questo ho deciso di divulgare il documento che accludo.

Richiederebbe un dettagliato commento che ci riproponiamo per il prossimo futuro, ma mi sembra giusto farlo conoscere subito, in modo che possa essere tempestivamente utilizzato per la difesa e per la lotta.

E’ un15442107_1369501716417821_682283270730627986_n documento emesso dalla Procura di Torino (con allegata sentenza del tribunale): una vera e propria dichiarazione politica, emblematica per la sua tortuosità e per le sue disinvolte contraddizioni, da cui si può evincere come il fine giustifichi i mezzi e come il giusto e l’ingiusto, il lecito e l’illecito siano questione non tanto di sostanza, ma di opportunità.

Ne emerge la logica ferrea del sistema, pronto ad usare, di volta in volta, il bastone e la carota per farci schiavi e vittime conniventi.

Un documento il quale dimostra anche che, quando alziamo la testa, scopriamo che “il re è nudo” e che il conflitto collettivo, forte di cuore, di ragione e di responsabilità verso il futuro, paga ed è contagioso: per questo fa paura e vincerà.

Da parte mia, non un passo indietro; e non per “eroismo”, ma per decenza.

 Bussoleno, 13 dicembre 2016 Nicoletta Dosio

Il vento fischia ancora

15355655_10211830922873196_3963246472224951280_nSi sale fra i boschi di castagni, sotto un terso cielo invernale; intorno le montagne innevate splendono al sole. L’unico suono è lo scricchiolio delle foglie d’autunno sotto i passi.
Con noi un partigiano ultranovantenne ed un bimbo di poche settimane, ben protetto dal freddo tra le braccia del padre.
Ci accoglie la breve radura protetta dagli alberi sui quali domina un vecchio castagno, che sicuramente conserva, nel segreto del proprio cuore verde, la memoria di quell’otto dicembre 1943 , il giorno del giuramento partigiano della Garda, col quale nacque la prima formazione partigiana della Valle, una delle prime d’Italia.
Di quella giornata esiste una fotografia: giovani schierati in una fila che dovrebbe essere militarescamente ordinata, ma che conserva una spontaneità per nulla militaresca. Se qualcuno indossa ancora i panni della leva interrotta l’8 settembre, la maggior parte porta gli indumenti dei figli della montagna. Qualche cappello alpino, ma i più col passamontagna. C’è qualche fucile da esibire a presentat arm, ma la stragrande maggioranza ha solo la propria giovanile ribellione.
15355655_10211830922873196_3963246472224951280_nA ricordare quei tempi è Ugo Berga, uno dei ragazzi di allora. Parla per ultimo, dopo gli oratori ufficiali ed il saluto del giovane georgiano giunto in Valsusa seguendo i ricordi di suo nonno partigiano. Poche parole, lontane dalla retorica, capaci di riportare di quei tempi l’utopia, l’urgenza libertaria. Racconta dei compagni trucidati nelle imboscate fasciste o deportati nei lager; parla dei loro sogni adolescenti, ma anche di una Resistenza viva più che mai, della lotta civile che, accanto alla lotta armata, fu forza invincibile e continua ad esserlo, nella nostra Valle come in ogni parte del mondo, là dove esistono ingiustizia e sopraffazione del più forte sul più debole.
Ugo, il più anziano e il più giovane di tutti noi, capace di commuovere e di dare coraggio.
Intorno, le bandiere partigiane si muovono al vento che fischia, ora come allora.


C’è chi dice NO

“Oggi ho15259343_10210254425464303_3993136806642383863_o visto nel corteo tante facce sorridenti…”
Prendo a prestito una canzone di lotta di tanto tempo fa (come si era giovani e fiduciosi allora, quanta speranza, quanta forza di vita e di lotta…) per raccontare il popolo meticcio in cammino lungo le vie di Roma, alla manifestazione per il “NO sociale”.
Da anni non si vedevano questa moltitudine di volti adolescenti, questi sguardi sinceri, vivi di allegra caparbietà. Singolare il contrasto tra il fiume colorato, pieno di irriducibile ironia che avanza lungo le vie, e la buia minaccia delle figure in assetto anti-sommossa, spalleggiate dai blindati, schierate a presidiare i palazzi del sistema.
15289130_10210254677790611_4082064931126135047_oLa città si apre amica intorno a questo camminare che sa di futuro, tra parole e slogan duri e teneri insieme, perché nulla hanno dell’arroganza del potere, ma danno voce ai bisogni inascoltati del presente ed al progetto profetico del mondo che verrà.
L’ultimo tratto di percorso si snoda tra parchi e giardini: certo un espediente della questura per togliere visibilità alla protesta. Ma se tace il rumore della città, parlano i i grandi alberi che si piegano protettivi su di noi e ci sorride un tramonto struggente, con tutte le sfumature del rosso.
15259737_10210254703871263_4860955578252016510_oEd ecco Piazza del Popolo inondata di luci, subito riempita. Intorno al palco che accoglierà gli interventi conclusivi e il concerto finale si stringono decine di migliaia di persone, come un mare di lotte umili e tenaci, un respiro possente di liberazione.
Nel cielo notturno, fuggiti i nuvoloni gonfi di pioggia, splendono le prime stelle.