Oggi Lidia ha perso la sua ultima battaglia contro il covid

Ecco quanto scrisse di noi Lidia Menapace, nel novenbre 2012 , quando fu con noi in Valle di Susa. Oggi Lidia ha perso la sua ultima battaglia contro il covid. Ma noi la ricorderemo sempre, da partigiana combattente

Lidia Menapace, in Valle di Susa nel novenbre 2012

Prima di narrare una recente iniziativa svoltasi a Bussoleno con la mia presenza , iniziativa che uso per fare un discorso più articolato sulla Valle, sul movimento e sulle sue importantissime prospettive, voglio protestare vibratamente per una azione giudiziaria che è in corso, e che trovo francamente scandalosa: viene comunicato ai genitori valsusini che portare i figli alle manifestazioni può costare un richiamo da parte degli assistenti sociali del Tribunale per i minori e peggio se continuano. L’ìntento intimidatorio è evidente e già questo qualifica il gesto.

Ma poi vien da chiedersi chi ha dato il diploma a simili assistenti sociali: non sanno che le movimentatissime manifestazioni femministe che chiedevano divorzio aborto ecc.ecc. ed erano sovrastate da striscioni insolenti provocatori irridenti, e composte da girotondi e balli erano sempre piene di bambini e bambine, perchè è impossiible che un movimento dove ci sono donne, non sia anche di bambini e bambine: quei cortei non furono mai violenti. Del resto, quella che vien detta l’unica rivoluzione del Novecento andata a buon fine senza violenze é stata proprio la rivoluzione femminista.

La presenza di bambini e bambine di per sè rende di necessità le manifestazioni nonviolente. Oppure è la polizia che vuole avere le mani libere? Qualunque sia la ragione (?) di una minaccia del genere è da condannare e chiedere a gran voce che sia ritirata cancellata messa via e che si lasci ai bambini e bambine della Valle conoscere insieme ai loro cari che cosa succede al mondo: non c’è niente di meglio per prepararsi al futuro che vivere il presente e si può anche ricordare che i bambini e le bambine che prendono subito tutte le malattie infettive non sono quelli/e che giocano in strada e nei cortili, ma quelli tenuti nella bambagia e sempre al chiuso. Sabato 24 appena scorso arrivo in Valle, attesa e subito accompagnata al domicilio che mi ospiterà presso una famiglia, cosa che mi riesce subito simpaticissima, perchè chiedo sempre, se è possibile, di essere ospitata a casa e non in albergo.

ll breve tragitto è accompagnato da notizie su Bussoleno e la sua crisi, determinata dal sottoutilizzo della ferrovia esistente e sul decorso di strade nazionali che portano a Bardonecchia e a Marsiglia e tagliano in due il paese. Si coglie subito il grande attaccamento alla terra e alle sue caratteristiche e risorse, qualcosa che a me ricorda i contadini sudtirolesi. Dopo avermi lasciata riposare alcune ore (il viaggio è stato lungo e le traverse nel nostro paese sono poco efficaci) vengo accompagnata alla sede del Consiglio comunale dove “Donne in Movimento” ha organizzato un incontro sul mio recente libro. La sala si riempie anche se l’ora e il giorno non sono dei più indicati, e sono sottoposta a una serie di domande dalle quali si evince che chi mi interroga ha letto e sottolineato il testo e lo considera degno di attenzione.

I temi di teoria politica che più mi stanno a cuore vengono sviscerati e sottoposti ad affettuosi approfondimenti e le persone, donne e uomini, che chiedono alla fine un autografo sul libro acquistato sono davvero tante. L’attenzione è molto precisa e appassionata, le domande ben formulate, mi viene anche consegnato un testo che riassume il lavoro collettivo fatto sul libro. Che dire? E’ ad oggi la meglio riuscita presentazione e le altre sono già state belle buone allegre interessanti. Ma finiamola di parlare di me, parliamo un po’ di questo pezzo di storia che è il Movimento NO TAV.

La sua prima originalità é di essere insieme radicato nel territorio e non localista, segnato dalla struttura territoriale e non identitario, la conoscenza delle pietre, delle strade,foglie,case e insieme la voglia di allargare le relazioni al mondo, documentata anche da un bel libro di foto, che mi regalano, intitolato “La bandiera No Tav in giro per il mondo”:tutto questo è il NoTav e molto altro, un inizio di modi alternativi di vivere, pensare, relazionarsi, far interagire azioni parole pensieri cibi allegria tenacia fiducia nelle proprie buone ragioni in un clima di accoglienza e curiosità che davvero sorprendono.

So che chi -appena ha conosciuto da vicino una esperienza- pretende di giudicarla, è sempre superficiale e un po’ presuntuoso/a, ma seguo sia pure non direttamente sul posto da tanto tempo No Tav, che mi considero fuori da queste possibili derive. Mi è capitato spesso di difendere il movimento dagli “intellettuali di sinistra” che appena convintisi e convinti che il Tav è “moderno” e va più veloce e quindi è “progresso”, subito sposano la causa e si sorprendono delle mie posizioni. Ma io non considero “moderno” e “progressista” necessariamente cose giuste e -quanto alla velocità- sono per rallentare molti ritmi di vita, quasi tutti i ritmi di lavoro, certo i ritmi di apprendimento ecc.: quindi, avendo seguito le varie fasi del movimento, so bene che i Valsusini non si sono fidati di loro stessi, ma hanno cercato e ottenuto assenso e alleanza e dimostrazioni persino da illustri cattedratici del Politecnico di Torino, non sono affatto sprovveduti: è facile gioco da parte della stampa distratta o superficiale o comprata far credere che siccome sono gente di montagna, sono simpatici e folkloristici, ma un po’ ignoranti e conservatori. Non è affatto vero: oggi voglio fermarmi su un aspetto che credo rilevantissimo della loro esperienza e che non mi pare sia stato affrontato con frequenza.

Una volta detto che fare il Tav sarebbe una stupida e costosissima scemenza, bisogna perciò appoggiare, dare voce e spazio e gloria a chi lotta con tanta tenacia deterninazione e lucidità, per salvare la terra e renderla più abitabile godibile piacevole relazionabile: insomma il No Tav é una questione politica generale e una sfida culturale antagonista e innovativa. Insomma qui in Valle si costrisce un movimento che per il suo insediamento, composizione sociale, la vita politica che costruisce ed usa è un vero “blocco sociale” e “storico”, direbbe Gramsci, “uno sciopero generale a oltranza, nel corso del quale i Valsusini costruiscono la nuova società “,direbbe Rosa Luxemburg.

Questo è insomma ciò ho visto e sperimentato nel mio breve passaggio, spero di poterci tornare e approfondire questa analisi appena abborracciata , perchè se risulterà vera, è un pezzo di teoria d’occasione tra i più rilevanti e agibili e capaci di estendersi e di moltiplicarsi: la formula di Rosa è quella che lei proponeva per la rivoluzione dopo una crisi generale e irreversibile del capitalismo.

Scrisse un breve appunto che sembra insensato, ma non potè svilupparlo, perché fu uccisa in carcere da un gruppo di ufficiali prussiani che la consideravano la causa della sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, buttarono la salma nella Sprea, spegnendo anche il suo fulgido ingegno: sta perciò a noi di interpretare e aggiornare le sue parole: in valle mi è sembrato facile e calzante.

Lidia Menapace

Vivere il carcere

Vivere il carcere, anche se solo per breve tempo, ti fa conoscere appieno la crudeltà, la violenza di quella che chiamano giustizia ma che è vendetta di stato. Il sovraffollamento,il cibo scarso e cattivo, la fatiscenza dei locali, l’arbitrarietà delle regole, il deragliamento del tempo e dello spazio, non sono una disfunzione del sistema, sono il sistema, un sistema che usa muri, sbarre, prepotenza quotidiana per ridurre all’obbedienza , all’accettazione acritica dell’ingiustizia di sempre
Abolire il carcere non è un’utopia irrealizzabile, ma l’unica risposta davvero efficace per la costruzione di un mondo più giusto e vivibile. Dietro le sbarre ho trovato poveri e ribelli, gli scheletri nell’armadio di una società che usa la repressione contro chi chiede pane e giustizia sociale.
La situazione, già di per sé invivibile, diventa più intollerabile che mai in questi tempi di pandemia, in cui è negato anche il contatto minimo con il mondo esterno: niente più colloqui con le persone care, niente più pacchi ad integrare il vitto carcerario, negata la mobilità anche all’ interno del carcere, silenziata ogni notizia sulle reali condizioni del luogo di reclusione. La malattia e la morte te la senti venire addosso senza poter fuggire, come una fatalità ineluttabile.
Le richieste di amnistia e di indulto portate avanti nelle carceri sono sistematicamente represse: non dimenticherò i blindati nei cortili, l’aumentata sorveglianza nelle sezioni, le ronde sulle mura e sui tetti, l’elicottero che ronzava tutta la notte sugli edifici anche al carcere delle Vallette, per impedire le proteste che costarono morti tra i detenuti di altre carceri italiane.
In questo momento una militante del Movimento NO TAV, Dana, è rinchiusa a Torino, nella stessa sezione dove fui reclusa qualche mese fa, con la stessa imputazione. Il mio pensiero va a lei ed a tutte le sorelle con le quali ho condiviso tre mesi di non-vita.
L’esperienza di quei giorni resta e resterà per sempre una ferita aperta, la rabbia di ricordare, l’esigenza di lottare per la liberazione di tutte e tutti.
Un grande abbraccio a voi ed a chi non si arrende.

Cara Dana

non posso essere con la famiglia NO TAV che oggi è venuta fin sotto le mura del carcere per portarti l’affetto della Valle che resiste, ma voglio che ti giunga il mio abbraccio, almeno di lontano.
Ti immagino ristretta in quegli stessi non-luoghi che qualche tempo fa ho sperimentato anch’io, a vivere giorni e notti che non passano mai.
Ma so che, come sempre, lo farai a testa alta, come chi sa di essere dalla parte giusta.
Care sorelle detenute, vi affido questa nostra figlia: sono sicura che le darete tutto l’affetto e l’aiuto che avete dato a me.
Penso con rabbia e dolore ai vostri piccoli figli, ristretti con voi; alle tante persone malate per le quali il carcere è doppiamente punitivo.
Dobbiamo abbatterlo, questo sistema crudele e vendicativo, del quale questure, tribunali e carceri sono arma di repressione e controllo sociale, la risposta alla povertà e alle lotte.
Verrà giorno in cui per tutte e tutti ci sarà un mondo libero, fraterno e bello, nel quale ognuno darà secondo le proprie possibilità e riceverà secondo i propri bisogni
Un mondo che dobbiamo costruire, a partire dai luoghi più bui, dove non si sopravvive senza la reciproca solidarietà. Una solidarietà che ho trovato, grande, tra di voi.
Un abbraccio, Dana, care compagne e compagni detenuti.
Vi vogliamo tutte e tutti liberi, subito.
Nicoletta