Ritorno in Clarea

Forse è il ritornare agli inverni della mia infanzia  la gioia, come un senso nuovo di liberazione, che mi invade sul sentiero innevato verso la Clarea. 
I generosi, fedeli compagni di questo mio viaggio camminano assorti, presi dalla magia del tempo e del luogo. Davanti a noi una coltre di soffice candore, non ancora violata da orma umana, segnata solo dalle brevi tracce delle creature del bosco, scese verso le vigne a cercare l’erba delle crode riparate: ecco il passaggio del cervo, l’impronta bipartita del capriolo,la pennellata della lepre, il passo pesante del cinghiale.
I grandi castagni, i ciliegi selvatici, le contorte roverelle accompagnano il nostro andare, mentre qualche raro frullo d’ali ci fa piovere addosso dagli alberi una neve leggera .
15665638_226787094429303_7515922680446746283_n Ma ecco, ad una svolta, assieme all’autostrada, come una coltellata, apparire il cantiere; disteso in lunghezza, sozzo di fumi e di macchine, sovrastato da una montagna di smarino velenoso, su cui la neve non dura: un paesaggio di morte incombente su vigne ed albereti che gli fanno da sfondo, immersi nel sonno invernale , ignari che per loro, vittime del progettato svincolo autostradale, non ci sarà primavera.

unnamed-7Un tempo la voce del Clarea si indovinava di lontano, già dalla discesa verso i mulini ; ora è il suono dei macchinari quello che ci investe e ci accompagna come un irritante tormentone.
Eppure, per chi arriva sul ponticello e guarda in alto, verso i calanchi di Pian delle Ruine, il torrente che scende tra la fitta boscaglia creando piccole cascate e pozze profonde, mormora ancora l’antica canzone, parla della bellezza e della forza di una natura più tenace e saggia delle umane devastazioni.

unnamed-2Non so se sia il ricordo di un paradiso perduto o la premonizione di un futuro liberato che mi dona la rara felicità di questi attimi, mentre, appoggiata alla spalletta del ponte, guardo lo scorrere dell’acqua e intorno riprende a cadere la neve.
Nel cantiere non appare figura umana, solo uno scarrucolare di automi, di nastri trasportatori tra il fumo denso di detriti che, usciti dai quaranta gradi della galleria “geognostica”, vengono accumulati senza sosta, a cielo aperto.
Che ci fa tra tanto orrore la nostra piccola baita, così indifesa, probabilmente usata come riparo dai militari a guardia dei cancelli, come mostra il telo mimetico messo a schermo della finestrella aperta sulla strada?
Dopo una breve sosta alla tettoia pavesata di bandiere NO TAV, punto di vedetta e di socialità 15589640_226785897762756_3892124363746880544_nper chi sale in Clarea, ritorniamo sui nostri passi. Il ritorno è triste, il cammino improvvisamente faticoso: ma continueremo a denti stretti e, come sempre, insieme.

Calzerò gli scarponi e andrò in Clarea, non in tribunale.

15998_10200137321340466_329157138_n-300x225Nevica. Una neve sottile, che bagna la terra senza ancora fermarsi; ora che è sera, si intravede appena, come una pioggia ghiacciata contro il giallo dei lampioni.

In cortile i passeri stanno riparati sotto l’edera, occhieggiano di tra il fogliame; qualche breve volo per becchettare le briciole di pane, tributo quotidiano alla loro dolce e petulante presenza.

La sera che scende rapida e silenziosa potrebbe essere l’ultima delle misure preventive che sistematicamente ho violato. Domani si consumerà l’atto conclusivo del teatrino tra la procura di Torino che, colpita dal boomerang delle sue stesse determinazioni, chiede di annullare nei miei confronti arresti domiciliari diventati l’emblema di un un’ingiustizia rifiutata per questo ingestibile, ed il tribunale che ha ribadito tali arresti.

Non assisterò alla rappresentazione ridicola e insieme inquietante di una “giustizia” che nulla ha da proclamare se non la propria iniquità ed impotenza. Non mi coinvolgono le loro decisioni, quali che siano,

La mia evasione dalle loro imposizioni è diventata per me una via senza ritorno, una speranza di liberazione collettiva troppo grande perché possa essere ridotta ai calcoli meschini sulla partita di giro del dare e dell’avere.

Dalla finestra della mia tiepida stanza vedo la nevicata farsi più fitta.

Domattina calzerò gli scarponi e andrò in Clarea, ritroverò un sentiero di splendente candore ed alberi come grandi, soffici nuvole. Mi guideranno le tracce degli animali del bosco e forse, in tutta quella primigenia innocenza, il cantiere sarà scomparso, come un brutto sogno che l’alba cancella.

Argo

2014-06-30-16-01-43Si può andare ad un processo dal quale ci si aspetta una condanna, andarci forzatamente, prelevati dai carabinieri e, nonostante tutto, essere felici.

C’è quel cielo dell’alba là in fondo,che dilaga sui prati coperti di brina, sui grigi capannoni della periferia, e si impiglia nei rami spogli dei viali cittadini.

Il processo al tribunale di Torino si conclude ad alta velocità: una sentenza fulminea – otto mesi senza condizionali – pronunciata prima ancora che gli avvocati abbiano avuto il tempo di indossare la toga, prima ancora che siano state aperte al pubblico le porte dell’aula: altri casi premono, altre vite da passare al tritacarne, nella catena di montaggio della ingiustizia quotidiana.

Fuori dall’aula mi attendono compagne e compagni, qualcuno arrivato da lontano, Milano, Brescia, Roma. Un abbraccio veloce, sottratto alla procedura che mi vuole immediatamente riportata alla casa dei miei affetti, quella che ho lasciato per amore, perché non fosse trasformata nella mia prigione.

downloadEd ecco, dall’autostrada, venirmi incontro una gloria di montagne, una teoria di cime innevate contro il cielo terso, dalla geometria del Monviso, alle sagome delle Alpi Graie che si perdono in lontananza. Ma ad annunciare davvero la Valle sono la Sacra e il Musinè, il profilo inconfondibile del Rocciamelone.

Bussoleno mi accoglie nel tepore di un sole di dicembre che sa già di primavera. Via Torino, via Battisti, via San Lorenzo, i cedri argentei della mia casa, Argo al cancello che uggiola di gioia, sospeso tra l’entusiasmo e l’incredulità. Fra qualche istante mi saranno tutte intorno le dolci creature della mia quotidianità interrotta e mi seguiranno per le stanze, fino al sottotetto dove vivono i miei libri.

Riparto senza voltarmi indietro, per non vedere lo sguardo triste di Argo, attraverso le sbarre.