Morte al fascismo, libertà al popolo!

OOKBrescia è bella in questo sabato di un marzo che ha sconfitto le nuvole invernali e splende di primavera; cielo terso, verde tenero nei viali , aiuole di primule e viole.

In piazza della Loggia volti di donne e uomini provenienti da tutte le parti del mondo, intere famiglie con bimbi e carrozzine. Sono gli stessi che, fuggiti dagli orrori della guerra e della fame, scampati alle morti sulla via dell’emigrazione, faticano quotidianamente, con bassi salari e senza diritti, nelle campagne bresciane, nelle aziende, nei ruoli di lavoro più umile e rifiutato; gli stessi che, riunitisi in presidio per rivendicare il diritto al permesso di soggiorno pervicacemente negato, sono stati sgombrati e manganellati, qualcuno espulso.

images (5)A sostenerli, durante la settimana, c’erano soprattutto ragazze e ragazzi dell’area antagonista, la Brescia precaria, vera erede delle lotte antifasciste e operaie. Ma oggi la città accoglie solidale il fiume di persone, striscioni,bandiere, cartelli, slogan di lotta e liberazione, che sfila lungo le vie del centro storico , tra i portici delle strade-salotto gremite per la passeggiata del sabato pomeriggio. Nonostante l’invito ufficiale a chiudere gli esercizi commerciali, negozi e bar sono aperti e affollati ; da portici, finestre e balconi c’è gente affacciata, tutti sorridono, qualcuno applaude.

Fascisti e razzisti che avevano preannunciato azioni squadristiche contro la manifestazione, si sono ridotti a qualche decina di triste figure asserragliate in una piazza, prontamente dileguatesi all’arrivo del corteo.

Torniamo in Piazza della Loggia. I raggi del sole al tramonto  sembrano concentrarsi sulla stele posta a ricordare le vittime  di strage fascista, che ancora attendono giustizia.  

Si riforma il presidio che continuerà fino alla concessione del permesso di soggiorno a tutti i richiedenti ( delle seimila richieste, quattromila sono state respinte, pur avendo i requisiti per l’accoglienza). Ma in gioco c’è molto di più, un mondo senza sfruttati e sfruttatori, senza guerre, devastazioni e paura, dove crescere i propri figli e progettare un futuro più decente e vivibile per tutti.

Gli interventi che chiudono la giornata esprimono solidarietà per le compagne e i compagni che, a Torino, manifestano contro i fascismi vecchi e nuovi. Sono giunte le notizie di cariche poliziesche con feriti e arrestati: per loro, per la loro liberazione si alza potente, unanime, fraterno il grido che è ruggito, pugno contro gli oppressori e carezza per gli oppressi. Morte al fascismo, libertà al popolo!

Nessun uomo è un’isola

migranti_corteo_sabato2-300x201Dalla Valle di Susa che resiste contro il TAV e contro la devastazione sociale, economica, culturale ambientale che le grandi male opere portano con sé, giunga piena e fraterna condivisione alle donne e agli uomini migranti che a Brescia, con grande dignità e determinazione lottano per il diritto di soggiorno, senza il quale non sono possibili
un’esistenza ed un lavoro dignitoso.

Contro il partito trasversale che siede nelle istituzioni e gestisce i grandi sporchi interessi si sono mobilitati al loro fianco compagne e compagni. La risposta è stata cariche della polizia con fermi, arresti, espulsioni, ferimenti.

La repressione è, come sempre, la risposta con cui il potere cerca di fermare ogni lotta capace di contrastare con efficacia sopruso e sfruttamento.

In questa Europa e in questo mondo del capitale e del mercato, dove il diritto di circolazione è garantito alle merci e al denaro, ma non alle persone, dove lo sfruttamento e la guerra aumentano vertiginosamente la distanza tra pochi ricchi e infiniti poveri, l’unica risposta possibile è il conflitto degli oppressi contro gli oppressori.

La nostra piena solidarietà va ai fermati,  ai feriti e a voi tutti che non rinunciate a lottare per un presente migliore ed un futuro liberato. Siamo al vostro fianco!

Nicoletta Dosio, compagne e compagni della Valle di Susa

Athena

Constantinos-Polychronopo-010Donna, di mezz’età, cappotto e sciarpa, berretto di feltro. Nulla di particolare rispetto ai rari passanti che percorrevano frettolosamente corso Amalias, il pomeriggio del nostro arrivo ad Atene.
Non so dire perché mi colpì; forse fu la tristezza dello sguardo, forse il fatto che era immobile, come spaesata, presso quella che doveva essere una galleria d’arte ( attraverso la vetrina sguarnita se ne scorgeva l’interno: qualche quadro, corsetti e borse dipinti, terrecotte, la casualità dei traslochi).
Immaginai che stesse aspettando qualcuno che non arrivava; andai oltre.

La rividi la mattina dopo allo stesso posto, appoggiata allo stipite dell’androne su cui si apriva l’ingresso della galleria: ancora ferma e sola, il volto delicato come appassito, grigio. Pensai di lasciarle qualcosa, ma mi bloccò il timore di offenderla, visto che non chiedeva nulla.
People line up for fruits and vegetables freely distributed by farmers during a protest against high production costs outside the Agriculture Ministry in AthensLe giornate di Atene scorrevano dense di incontri: la visita ad ambulatori e mense autogestite, l’assemblea al Politecnico, gli appuntamenti presso il comitato elettorale di Syriza, la presenza di solidarietà al presidio delle 595 lavoratrici delle pulizie licenziate dal ministero dell’economia, le soste nel quartiere di Exarchia tra murales, gatti e taverne, il pomeriggio intenso di memorie, vissuto tra l’acropoli e l’antica agorà.
Ripassai da corso Amalias per tornare all’albergo, a notte inoltrata del sabato pre-elettorale. Faceva freddo e pioveva a dirotto.
Nel solito androne, rannicchiata sotto un ombrello, c’era lei. Mi avvicinai piano per non svegliarla. Le lasciai un po’ di spiccioli, allontanandomi in fretta, con un’ invincibile sensazione di colpa davanti a quella povertà dignitosa che nulla chiedeva.

Povertà2La domenica elettorale trascorse rapidamente. Ancora le strade di Atene, il quartiere più antico, con i suoi edifici ottomani e le sue chiese greco-orientali, le botteghe di gioiellieri e di vasai, i bazar e i fondachi di spezie e profumi.
Ripassai più volte da da corso Amalias, ma non trovai la donna che mi era diventata insieme così sconosciuta e così familiare. Né la rividi a notte inoltrata, tornando all’albergo dopo i risultati elettorali e la grande festa di popolo che accolse Tsipras sul palco improvvisato.
La mattina del lunedì, giorno della partenza, rifeci per l’ultima volta il percorso usuale, verso la metropolitana che, da piazza Syntagma, mi avrebbe portata all’aeroporto.Rividi la galleria d’arte, polverosa e irrimediabilmente chiusa.
grecia_bambini_h_partbSeduta sulla soglia, più che mai misteriosa e insieme familiare, c’era la donna di cui nulla sapevo e nulla saprò, ma che sentii per sempre sorella. Stava leggendo un libretto, su cui scorsi chiose e sottolineature. Quando le misi tra le mani quanto mi restava, mi guardò sorpresa e mi sorrise.
Me ne andai rapidamente, senza voltarmi, sentendo su di me, per lungo tratto, il suo sguardo chiaro e malinconico; e lo risento ora, mentre la ricordo.