Atene resiste

NOAtene domenicale, la domenica del referendum.

Ritrovo piazza Syntagma. Sotto il sole a picco splende il marmo della fontana; i cani, numi tutelari del luogo, dormono all’ombra di alberi e siepi; le bancarelle di ciambelle si sono arricchite di bibite e frutta.

Sullo sfondo rivedo il Parlamento, l’ocra del tufo e l’azzurro della bandiera, unico ornamento ad un edificio semplice, piccolo rispetto ai grandi alberghi che fiancheggiano la piazza.

 Manca l’imponente schieramento di polizia che, fino a qualche mese fa, blindava la piazza e rendeva inavvicinabili gli edifici pubblici. Restano gli euzoni che, in gonnellino, babbucce e col fucile in spalla, fanno il cambio della guardia tra i battimani dei turisti.

Anche ora, come lo scorso gennaio nel giorno delle elezioni politiche, la piazza brulica di televisioni, di giornalisti che tentano sondaggi dell’ultim’ora.

I mass media non sono stati teneri con questo popolo e con il suo diritto a decidere della propria vita. Servili portavoce della “fortezza Europa”, hanno descritto una Grecia fisicamente stracciata e moralmente sconfitta, ostaggio di politicanti avventurieri, delineando scenari catastrofici se vincerà il NO al memorandum della troika e all’Europa di Maastricht; hanno tifato apertamente per il SI o per il non raggiungimento del quorum.

Ma in questa città oggi non c’è né vittimismo né umiliazione  ; si respira un’aria di serena, ragionata, ferma resistenza

Atene. Sono Tornata

dall-aereoSotto di noi mare e isole, poi le insenature e i golfi della terraferma, come una mappa vivente che si fa sempre più nitida.

Ed ecco la città bianca, immensa, le colline brulle a cui sembra appoggiarsi, la distesa grigia e rossa degli uliveti, il suolo che ci viene incontro con gli edifici aeroportuali , il breve sobbalzo dell’aereo che tocca terra.

Atene. Sono tornata.

Addio, Gianni.

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Lo incontrai quasi subito, alla nascita del PRC, a cui avevamo aderito anche noi, provenienti da una storia extraparlamentare, ma attenti a chi, pur con storie diverse dalla nostra, aveva detto NO alla prima guerra del Golfo…
Di lui colsi fin da subito la libertà irriducibile di pensiero, il rigore gramsciano e gobettiano della sua profonda, concreta cultura operaia e antifascista, la capacità di mettersi in discussione.
Il primo incontro fu, in realtà uno scontro, pacato ma fermo, sulla megacentrale idroelettrica di Venaus, che lui sosteneva, vedendola come alternativa al nucleare, mentre noi la criticavamo per l’inutilità, l’impatto ambientale , il taglio delle falde acquifere, la pericolosità degli scavi nelle rocce amiantifere. Egli rifletté sulle nostre ragioni e pochi giorni dopo, mi cercò per regalarmi il diario della sua infanzia in una famiglia operaia e socialista della Torino dove i quartieri popolari si contrapponevano alle “Ville dei pescecani” industriali e gerarchi.
Gianni, il partigiano che non mise mai nel cassetto la sua storia di comunista libertario. Gianni che ricoprì cariche istituzionali senza farsi catturare dalle istituzioni, ma confrontandosi costantemente col popolo che lo aveva espresso.
Gianni, amato dai giovani antagonisti, studenti di ieri (qualcuno, coinvolto da un suo intervento in un’assemblea scolastica, andò per la prima volta a votare, e votò per lui), resistenti di oggi.
Gianni intransigente con gli altri, ma prima di tutto con se stesso, lavoratore infaticabile contro lo sfruttamento dell’ uomo e della natura; capace di dire dei NO e di immaginare progetti alternativi, come quando, contro le fabbriche d’armi ( a Torino, l’Alenia ) si preoccupava di prefigurare una riconversione, a utilizzo civile e sanitario, di professionalità e strutture.
Lo rivedo sempre presente e puntuale ai comitati politici federali, che per lui non furono mai una scadenza burocratica né luoghi per la ratifica di volontà verticistiche, ma momenti di dibattito ai quali, quasi unico, si preparava scrupolosamente, con interventi ragionati e scritti.
Gianni che venne più volte alle Feste in Rosso Valsusine, a raccontarci il suo mitico passato partigiano, il suo incontro con il CHE, in una Cuba assediata dall’embargo USA.
Egli fu uno dei primi a condividere con convinzione il nostro NO TAV e il NO alla guerra che si fecero critica popolare all’avventura del governo Prodi. La sua chiarezza ci manca più che mai, oggi, in questi tempi di confusioni e di opportunismi
Gianni che amava teneramente Pierina, una donna dolce e forte, la sua compagna di sempre, alla cui morte egli non si rassegnò mai.
Gianni che domani ritornerà alla Federazione del PRC e alla Camera del Lavoro, ma riposerà per sempre a Lesa, nella malinconia del Lago Maggiore, per lui luogo di bellezza, patria della mente e del cuore.
Gianni che i compagni e i resistenti della Valle di Susa non dimenticheranno e il cui ricordo porterò con me, domani, nella Grecia che lotta per la vita e per la dignità.