Cronaca greca. Il dolcissimo mare della vittoria
Come descrivere la sera della vittoria? E’ l’intera città che si muove, nella luce di un tramonto infinito, verso piazza Syntagma, meta naturale, non preordinata, di una festa che continuerà tutta la notte.
Il risultato è venuto delineandosi chiaramente, durante lo spoglio trasmesso in diretta e rimandato dai teleschermi delle case, delle sedi politiche e sociali, dei bar, dei grandi mercati: il NO vince con il 61% contro il 39% del SI. Anche l’affluenza alle urne ( il 65% contro il 40% necessario per il quorum ) è stata alta, nonostante da più parti venissero solleciti per l’astensione.
Da Piazza Klathmonos parte l’ immenso corteo dei gruppi sostenitori del NO. E’ questa la “Piazza delle lacrime”, dove, secondo un’ antica tradizione, si riunivano, dopo ogni elezione, i dipendenti pubblici licenziati per il cambio della guardia. Luogo non scelto a caso, dunque, per ribadire il NO al memorandum , il rifiuto di un debito non fatto dal popolo, ma che impone al popolo lacrime e sangue.
Da piazza Propilia, sede del rettorato universitario, si snoda il corteo antagonista, un fiume di volti giovani, bandiere rosse, striscioni, cartelli, canti, slogan.
I due cortei insieme fanno una marea. Su quel dolcissimo mare naviga anche la bandiera NO TAV, riconosciuta, applaudita, fotografata. D’improvviso, tra quelle strade in festa, ritrovo il sentiero verso la Clarea e quei passi hanno il battito dei nostri passi sulle strade arroventate del luglio Valsusino, dei passi che risuonano nel silenzio stellato delle camminate notturne verso cantiere. .E sento più che mai nostra la lotta del popolo greco, comune il nemico da combattere, collettiva la vittoria di questa sera indimenticabile.
Arriviamo in una piazza Syntagma già stracolma: Greci e solidali da tutto il mondo, insieme, fin sulle gradinate del Parlamento. Al centro canta, sontuosa, la fontana, svetta verso l’alto con i suoi mille zampilli come una rossa trina spumeggiante, una fiammata che incendia i cuori, riaccende l’entusiasmo, la certezza che un mondo senza padroni e senza umiliazioni è possibile, subito; basta volerlo.
All’annuncio del risultato definitivo partono i fuochi d’artificio, i canti della resistenza contro i nazisti, contro i colonnelli. Si balla il sirtaki tra lo sventolio di bandiere cui risponde solitaria, alta sul pennone, la bandiera del Parlamento.
Ce ne andiamo a notte fonda. Già si intravedono le prime luci dell’alba. Si risveglia la città del lunedì.
Questa non è la fine, ma l’inizio di un duro lavoro, di un’ardua resistenza.
Qui il voto non è una formalità
Con un’amica, giornalista in una radio di movimento, mi reco ai seggi nel quartiere di Plaka.
Sono stati allestiti in una scuola aperta su una delle tante stradine che conducono all’Acropoli, tra botteghe artigianali e negozi di souvenir.
Ci accoglie un piccolo cortile; piante di rose, ulivi, un aranci; lungo il muro una lunga vasca di pietra con rubinetti che mi ricorda la mia scuola elementare di mezzo secolo fa, una vasca analoga a cui la maestra ci faceva lavare le mani all’inizio e alla fine delle lezioni (e a volte interveniva lei direttamente su orecchie e colli non abbastanza puliti).
Nel cortile incontriamo i rappresentanti di lista.
Per il SI c’è un signore attempato, in abito di lino e panama, accompagnato dalla moglie in seta e gioielli; si presenta come ufficiale di marina in pensione, già candidato alle ultime elezioni politiche per Nea Democratia.
A rappresentare il NO c’è un giovane sui trent’anni, laureato in architettura, operaio, disoccupato da cinque anni. Le sue risposte pacate, la fermezza senza enfasi, assieme all’aumentata affluenza dei votanti (famiglie con bambini, gente comune, anziani e tanti giovani) sono una garanzia per il superamento del quorum e per la vittoria del NO.