Diario Ateniese. Ultima sera ad Ambelokipi

11888006_10205538504282167_506015564452206001_n

Giovedì 24 settembre, sera, quartiere di Ambelokipi.
Il comitato locale di Laikì Enotita, Unità Popolare, si riunisce per valutare i risultati elettorali, ma soprattutto per interrogarsi sul futuro.
La saletta è piena: persone di tutte le età, tanti i giovani e le donne, qualche vecchio militante che ha vissuto l’occupazione nazista e i tempi durissimi della guerra civile , molti anziani perseguitati ed esuli ai tempi dei colonnelli, ma anche gente comune, senza un passato politico particolare, attivatisi nei comitati del NO Memorandum.
Temevo di trovare un’assemblea triste, scoraggiata e astiosa; invece mi trovo ad ascoltare interventi lucidi e coraggiosi, che analizzano a fondo la sconfitta, ma non concedono spazio alla disperazione né si lasciano inghiottire da quello che un intervenuto definisce “il deserto del reale, la desertificazione della società, non casuale, disegnata da coloro che hanno le regole del mondo tra le mani”.
All’interno di tale deserto il successo elettorale di Syriza non è una solida vittoria della volontà popolare, ma soltanto un miraggio, la fata morgana che nasconde il vuoto orizzonte e la morte vicina.
Anche la sconfitta di Unità Popolare e la sua esclusione dal Parlamento, rapportata alla futura devastazione, ha un valore relativo.
Tale la prospettiva in cui sono analizzate le cause dell’insuccesso, oggettive ( il poco tempo per prepararsi elettoralmente e per creare un fronte comune , la povertà dei mezzi di propaganda, l’oscuramento massmediatico) e soggettive ( il fatto di essere percepiti come “troppo” o come “troppo poco”, salto nel buio dell’uscita dall’euro, o, al contrario, propaggine di Syriza; il voto utile a Syriza per scongiurare la vittoria delle destre; l’effetto “leader carismatico” , a detta dei vecchi compagni tipica dell’elettorato greco, che questa volta ha favorito Tsipras).2015-09-16 20.56.51
Parecchi interventi sottolineano la vera novità elettorale: l’accresciuto numero delle astensioni: quasi la metà degli aventi diritto non si è recata alle urne: hanno rinunciato a votare i nuovi elettori diciottenni, almeno il 70% dei giovani disoccupati, sicuramente chi aveva visto il voto di gennaio a Syriza e il NO referendario come ultima spiaggia ed ora deluso torna a casa.

“ E’ l’astensione a denunciare l’inadeguatezza della classe politica presente rispetto ai tempi di ferro e fuoco che verranno, lo scippo ai danni del potere popolare, l’ottusa indifferenza dell’acropoli, rispetto alla morte per fame dell’agorà. Ma l’astensione è anche urlo di ribellione, serbatoio di lotte future, senza concedere più deleghe”.
Pur nelle sfumature diverse delle analisi, l’assemblea è unita nell’immaginare un futuro per Unità Popolare. Sono i più giovani a dirlo con le parole più semplici e chiare: “Non dobbiamo sentirci vinti perché non siamo in Parlamento: avremo più tempo è minori condizionamenti per lavorare fuori, attraverso la democrazia diretta, una solidarietà tra oppressi che non sia solo di facciata, ma trovi strumenti concreti di ribellione…”. “Il nostro programma deve rispondere a quale società vogliamo. Per trovare vie d’uscita non possiamo chiuderci in recinti identitari, ma essere compagni di strada a coloro che, senza mediazioni e tatticismi, vogliono davvero un mondo più giusto e vivibile per tutti. Dobbiamo investire sulla rabbia, non per fomentarla, ma per sostanziarla e le si dà sostanza solo con i movimenti….”. ”Contro il memorandum, contro la miseria indotta che ci uccide dobbiamo rompere le società virtuali, smettere di pagare le tasse, i mutui, l’elettricità…Tutti insieme possiamo resistere: i terreni possono essere coltivati, i lavoratori organizzati, i saperi e i beni collettivi salvaguardati, i legami di lotta estesi a tutto il mondo….”.

Dunque il cammino non è finito, e, per affrontarlo, è necessario organizzarsi: ” Organizzarci non solo sui territori, ma sui posti di lavoro, nella terra di nessuno della indigenza e della precarietà. Dobbiamo mettere punto e basta alla nostra disperazione. Certo è presto per prevedere l’intensità e la durata di quel che ci succederà, ma è fondamentale agire subito, darci un programma concreto e praticabile e su questo creareatene-quartieri-poveri-_da-www_flipnews_org_ un fronte, inclusivo, con la memoria del passato e la responsabilità verso il futuro…”.
Prende la parola un anziano, ultraottantenne (al suo arrivo era stato festeggiato da tutti). Non ha analisi da fare, solo una poesia, sua, da leggere. La legge con voce rotta di commozione:

“ Si deve.

Ti hanno dichiarato guerra, operaio.
Nella lotta ìmpari, impàra qualcosa.
Non lasciare lo scudo per terra
la lancia e l’arco, la speranza.

Ti hanno dichiarato la guerra: comincia!
Chiudi le orecchie adesso alla sirena,
a coloro che ti hanno insegnato a tacere
che ti hanno insegnato la pazienza…

Devi vivere, devi vivere
nelle strade della lotta mostrarlo.
Devi arrivare, devi arrivare
plasmare la tua nuova società

Ti hanno dichiarato la guerra,
fai la guerra!
I margini sono stretti ormai per te,
senza dubbio, ma dei tuoi sogni
si riflette la paura nei loro occhi.

Devi vivere, devi vivere
sulle strade della lotta mostrarlo
per plasmare una nuova società.”

C’è un silenzio assorto intorno al vecchio che legge e la sua voce ha il timbro e il pathos degli antichi aedi, ma anche la forza dei poeti incarcerati di Makronissos.
Ecco, questa è la Grecia, questo il suo popolo che, anche nei momenti più bui, sa trovare slanci di poesia, la caAcropili-di-Atene-pacità di rialzarsi e rimettersi in cammino.

Quando, dopo gli abbracci e i saluti per i compagni italiani e per il movimento NO TAV, me ne torno alla mia stanzetta ateniese, la luna splende alta nel cielo rasserenato, e il suo grande volto sorride alla città fattasi silenziosa, ai viali lavati dalla pioggia, ai giardini che profumano di gelsomini…
Sorride anche a me che improvvisamente mi sento leggera, libera da quella che qui chiamano la “melancolia di sinistra”, l’oppressione sorda delle vie senza uscita e dei sogni infranti.
Questa luna la ritroverò domani, lontano da qui, fra le mie montagne. La sentirò parlarmi ancora di questa città che amo. E vorrò ritornare .

Ancora nuvole di pioggia su Atene

nico01

Ancora nuvole di pioggia su Atene in questa prima mattina, ma, all’orizzonte, il cielo si fa chiaro e sotto la mia finestra si risveglia la città: rumori di auto, sferragliare dei mezzi di nettezza urbana, le prime voci attraverso le persiane socchiuse di questo alveare umano.
É giunta per me l’ora di tornare alla mia Valle.
Lascio un popolo triste, che aveva immaginato ali d’aquila per spiccare il volo e si è ritrovato con ali di cera, dunque deve ritornare alle consunte scarpe quotidiane per riprendere il cammino. Ma ha provato a volare e il sogno non muore; e quando in un futuro ahimé non lontano il passo quotidiano diventerà impossibile perchè gli saranno tolte scarpe e strada, non si affiderà più ai marchingegni di Dedalo, ma ai possenti abitatori delle montagne
In questi giorni dopo il voto, per capire e immaginare le prosp
ettive, mi sono rivolta a militanti, ma soprattutto a gente comune, operai, nico02studenti, taxisti, commercianti, disoccupati e pensionati.
Ed ecco quanto m
i è parso di cogliere. Con la recente risposta elettorale la gente ha rinunciato al balzo verso l’alto, alla convinzione che fosse il momento dell’assalto al cielo, il NO referendario diceva invece che l’assalto al cielo era possibile.

Certo quel NO coraggioso era isolato, sostenuto in Europa da voci troppo flebili, contrastato duramente non solo dall’ Europa delle banche, ma anche dai governi dei paesi sotto schiaffo che vantavano la propria puntualità nei pagamenti e non volevano “pagare per la Grecia”. Il voto a Syriza è stato il ridimensionamento del viaggio dal mare aperto al piccolo cabotaggio, dal NO Memorandum al COME Memorandum.
Ma la storia non è finita; la buona vecchia talpa non ha rinunciato a scavare e prima o poi sbucherà alla luce.

Diario ateniese

grecia_tempio

Diario ateniese. Proletari senza rivoluzione.

Nuvole di temporale nel cielo di Atene, stamattina; la gran luce si è spenta e un vento freddo spira dal mare.
La natura si fa metafora del momento storico.
La vittoria di Syriza appare triste e precaria, posta com’è sotto la spada acuminata di Damocle.
Con la sconfitta di Unità Popolare viene meno una presenza coerente e dignitosa che avrebbe potuto portare nel palazzo la voce delle lotte e si consolida un parlamento pericolosamente squilibrato a destra, che vede crescere Alba Dorata nel Dodecaneso e al nord lungo le vie dell’esodo migratorio, là dove i derelitti in fuga dalle guerre e dalla fame si assiepano alle frontiere della fortezza Europa. Rimane, sì, il KKE, ma isolato e asserragliato.
Fuori dal palazzo c’è una popolazione impoverita e senza illusioni, che si prepara alla tempesta che verrà. L’astensione dal voto è quasi del 50%, segno di chi deluso torna a casa, ma anche di quanti si preparano a trasformare la delusione in conflitto senza deleghe.
Ha veramente poco da gioire il futuro governo Tsipras: gli dei invidiosi e vendicativi che siedono sul trono della fortezza Europa ne hanno già decretato la resa senza condizioni o la morte.
lo sanno bene i sostenitori di Syriza, che dopo i balli e i canti della vittoria, spenti i riflettori delle televisioni, ripiegate le bandiere, sfollavano silenziosi da piazza Klaftimonos, verso i Propilei, incontrando il tendone di Unità Popolare, in quella piazza che, solo otto mesi fa, visse il tripudio della prima, grande, gioiosa vittoria collettiva che prometteva contro il memorandum lotta ferma e coerente.
Sotto quel tendone, ho seguito, insieme alla delegazione italiana,  i risultati elettorali ed ho incontrato delusione sì, ma non abbattimento e men che meno pentimento; si respirava piuttosto la tranquilla tenacia di chi viene da lontano e sa adattare il passo alla  strada che ancora lo aspetta:  “abbiamo affrontato il golpe dei colonnelli, sapremo affrontare il golpe delle banche” ci ha detto un compagno nel salutarci.
La differenza la farà purtroppo il memorandum che da domani, secondo gli impegni, il governo uscito dalle urne dovrà applicare: allora si constaterà concretamente chi ha vinto e chi ha perso.

Dalla piccola stanza che è la mia casa ad Atene vedo scatenarsi la tempesta. Il giorno si è fatto notte; in cielo rotola cupo il carro di Zeus signore del tuono e del fulmine.
Oggi la città sembra precipitare nell’inverno, ma domani il sole tornerà a far splendere giardini e viali lavati dalla pioggia; e ci rimetteremo in cammino.