A volte succede….

15042065_206491616458851_8213212284490750370_oA volte succede che i formalismi istituzionali siano spazzati via dall’emozione di un sentimento che nasce e cresce all’improvviso, fatto di dignità, di indignazione per l’ingiustizia, di magnifica, sorprendente, consapevole consonanza con un sentire condiviso che diventa commozione, forza collettiva, testimonianza di verità, anelito di liberazione.
Era questo il clima che si respirava al teatro Don Bunino di Bussoleno, gremito ad accogliere ed ascoltare il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris.
Nelle sue parole viveva una città nobile e povera, testardamente determinata a ricostruirsi, con le napoli-caffe-sospeso-bar-gambrinus-2-1antiche vie del centro storico, i rioni di cui ci parlano il teatro di Eduardo e le opere di Matilde Serao, l’affettuosa ironia del principe De Curtis, i babà a foggia di Vesuvio e la genialmente generosa consuetudine del “caffè sospeso”, gli inquietanti luoghi di detenzione ora occupati e trasformati in cuori pulsanti dei quartieri, le periferie degradate che chiedono riscatto. Napoli bella e struggente che ti si annida in cuore come un amore che più non ti abbandona.
Ad accoglierlo erano presenti, i Sindaci della Valle, ma c’era prima di tutto il popolo No TAV che nel pomeriggio lo aveva accompagnato in Clarea, al Campo della memoria con vista sullo scempio del cantiere.
centri-socialiDe Magistris ha raccontato l’esperienza difficile e coraggiosa di un sindaco che ama, riamato, la propria città e che per essa lotta, cozzando continuamente contro i poteri forti.
Storie di una battaglia testarda e faticosa: la ripubblicizzazione dell’acquedotto comunale, il NO all’applicazione del patto di stabilità; l’ardua gestione del problema rifiuti, il braccio di ferro contro il governo per il risanamento dell’area industriale di Bagnoli, luogo dove si continua a morire per i veleni dell’ex Ilva e dell’ex Eternit; l’affidamento degli immobili occupati ai giovani dei centri sociali occupanti, il loro riconoscimento come ex-asilo-filangieri-occupato-napoli-9-752036portatori di bene comune, «capaci di generare capitale sociale, manifestatisi come fattori di aggregazione, capaci di promuovere comportamenti di cittadinanza attiva, generatori di sistemi di autogoverno ed autoregolazione ispirati alla libertà di accesso e di partecipazione e comunque al sistema di valori sanciti e tutelati dalla Costituzione della Repubblica italiana»; l’appello all’accoglienza di quanti, in fuga dalla fame e dalle guerre volute dal Nord del mondo, vanno a cozzare e a morire contro le barriere invalicabili di quello stesso sistema guerrafondaio che li affama e li devasta; la chiamata alla partecipazione popolare e l’elogio della sua città, della povera gente che non teme di affrontare ancora sacrifici perché comprende e condivide il percorso difficile, ma concreto, di liberazione.
14990954_10210124773383082_7149064137201142247_oLe parole del Sindaco di Napoli e della giovanissima consigliera Comunale Eleonora De
Majo hanno entusiasmato e commosso le donne e gli uomini del movimento NO TAV: occhi lucidi, lunghi applausi a sottolineare i riferimenti alla lotta popolare contro le grandi male opere e la repressione che le accompagna.
Emozione e condivisione (con un’unica imbarazzata eccezione) anche da parte dei sindaci presenti, circa la nec
essità del NO sociale in difesa della Costituzione nata dall’antifascismo e dalla Resistenza, mai veramente realizzata ed ora più che mai sotto attacco da parte di un governo espressione del partito trasversale degli affari e della guerra.
15000134_206491706458842_6600521241202628912_oL’assemblea si è conclusa con un “gemellaggio di lotta”, sottolineato dalla Sindaca
Loredana Bellone con la consegna al Sindaco De Magistris di una maglietta e di una felpa NO TAV dei Pintoni attivi, irriducibili sentinelle della Clarea.
Una serata la quale, nella profonda silenziosa notte che mi avvolge, è già ricordo, ma ricordo fraterno, capace di consolazione.
Penso a Leopardi, per cui Napoli fu l’ultima dimora e gli ispirò la sua lirica più forte, bella e solidale, La ginestra

ginestre-vesuvio-vulcanosolfatara“Or tutto intorno una ruina involve,
dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
i danni altrui commiserando, al cielo
di dolcissimo odor mandi un profumo,
che il deserto consola……….”

Con Tepepa

img_bigTepepa, ovvero Ennio Sinigaglia. L’ho conosciuto qualche tempo fa, alla Credenza, dove si proiettava un video sulla sua vita. Rapinatore gentiluomo, aveva scontato anni e anni di carcere. Mi aveva colpita la sua figura di ultrasettantenne, con una vivacità, un’ironia ed un bagaglio di sogni che il carcere non era riuscito a cancellare.

Ho sentito riparlare di lui alcuni mesi fa, una breve notizia in cronaca, che diceva pressappoco così: “ex rapinatore di 79 anni evade dai domiciliari per andare a riscuotere la pensione; ripreso, processato per direttissima e riportato ai domiciliari con dose di detenzione rincarata”.

Oggi mi arrivano nuovamente sue notizie: “nuovi guai per nonno Tepepa”. Fermato dai carabinieri per evasione, nel bar sotto casa, dove era sceso a prendere un caffè, viene processato per direttissima e portato in carcere.

Dalla mia felipersone_testimonianze_poesiece, continuata evasione, in attesa del processo che mi è stato fissato per il 23 novembre, protetta dall’abbraccio del movimento NO TAV e dal consenso popolare che va ben oltre la Valle di Susa, non posso non provare solidarietà per Tepepa e non sentirmi, mio malgrado, privilegiata: evidentemente a pesare sul nostro destino non sono i fatti specifici, ma le nostre storie.

No, non mi piace la giustizia che è debole coi forti e forte coi deboli.

Davvero, più che mai, tribunali e carceri svolgono una sola funzione: quella del controllo sociale.

Se penso ai tanti Tepepa chiusi in quelle fortezzeuccelli1
di arbitrio e di repressione, mi invadono rabbia e tristezza.

Quante e quanti vorrei liberi questa sera, per essere nuovamente felice!

Chiudendo dietro a sé la porta verde

14939574_10210043694036149_6040642047023580157_oOra le nevi inerti sopra i monti

e le squallide pioggie e le lunghe ire

del rovaio che a notte urta le porte

e i brevi dì che paiono tramonti infiniti”

La lirica di Pascoli mi martella in testa, in questa sera di strade deserte, battute dal vento.

Se ne sono andate anche le bancarelle del magro mercatino domenicale dell’usato.

Sul muro di fronte alla mia finestra mulinano ombre impazzite di bandiere. Sullo sfondo, montagne coperte di neve precipitano nel buio.

Sono perfettamente sola, di nuovo lontana da casa.

Nel vuoto irrompono le immagini di ieri, una giornata che sembra lontana secoli.

La perquisizione della mia casa, da parte dei poliziotti che mi cercano dal sottotetto alla cantina senza trovarmi, e si spostano in Credenza per prelevarmi forzatamente e portarmi in tribunale al processo per direttissima legato alla mia evasione. La corsa sull’autostrada attraverso la Valle che sciorina tutti i colori dell’autunno. Poi una Torino di palazzi tristi, di lunghi viali già coperti di foglie cadute, subito grigia poltiglia.

Le auto della digos procedono a sirene spiegate, irrompono prepotentemente tra le code di auto ferme ai semafori. Ai lati, i passanti camminano indifferenti, assorti nei loro guai.

Per un breve tratto si affianca un’ambulanza,anch’essa con sirena e lampeggianti: mi chiedo chi ci sarà oltre quei vetri opachi, forse una vita che nasce o una storia che muore, in ogni caso lo spaccato di un’esistenza senza finzioni.

Invece è totalmente assurdo il mondo nel quale sono incappata: le frasi di cortesia da parte degli agenti che pure poco prima mi hanno costretta a seguirli; la blindatura del tribunale a cui accediamo attraverso un’entrata secondaria, l’aula dove vengo introdotta sotto consistente scorta. A un certo punto pare vogliano mettermi nella gabbia degli imputati, ma poi vince l’opposizione dei miei avvocati.

Il dibattimen++ Convalidato arresto della pasionaria dei No Tav ++to fila via veloce, nel clima prefestivo del sabato mattina: mi sembra di essere finita sul palcoscenico di un’assurda tragicommedia recitata da automi solo apparentemente umani. Ma è ben reale e mi intenerisce il gruppetto di donne e uomini NO TAV comparsi nel settore del pubblico; é dolce e rassicurante l’abbraccio che ci scambiamo in un momento di intervallo, sorprendente la comparsa della scodinzolante cagnolina Olivia venuta a testimoniare l’universalità della nostra lotta.

Entra la corte; in attesa del dibattimento che si terrà il 23 novembre e della sentenza, conferma i domiciliari. Penso a Giuliano e Luca, che hanno seguito la mia stessa sorte, ma dopo due mesi di carcere.

Dopo una sosta in questura, ritorno coatto a casa.

Mi aspettano gli abbracci di compagne e compagni, le feste delle mie bestiole. Respiro quella che fu la mia quotidianità; salgo tra i miei libri, nella quieta stanzetta sopra i tetti. Sugli scaffali si accumula la polvere di un mese e mezzo, ma ogni cosa è pronta a riaccogliermi, a riprendere la vita con me.

Eppure la lotta non può finire, l’evasione deve continuare e continuerà.

Preparo qualcosa da portar via, indumenti pesanti per il cambio di stagione, qualche volume, quaderni. Lascio cibo e medicine per i miei animali (una cara amica li accudisce quotidianamente).

Mentre ripercorro il vialetto che mi porta al cancello, i tigli mi salutano con una nevicata di foglie gialle. Ho la sensazione di mordere il granito, ma so che non è il caso di dispera14976462_10210043739237279_1546781582296976330_ore né di piangersi addosso.

Mi aiuta ricordare le parole di una canzone di Guccini che narra la dura storia di un emigrante:

Probabilmente uscì chiudendo dietro a sé la porta verde,

qualcuno si era alzato a preparargli in fretta un caffè d’orzo.

Non so se si girò, non era il tipo d’uomo che si perde

in nostalgie da ricchi e andò per la su a strada senza sforzo

Quando l’ho conosciuto, o inizio a ricordarlo, era già vecchio”.


Mi sento nel giusto, non sono sola. Ora posso ripartire.