Sopra la prigione è spuntata la luna.
L’ho vista all’improvviso affacciarsi tra le sbarre, il grande volto triste reclinato a guardare questo mondo in catene.
Alla sua luce, la notte si dilata, sembra annullare i blocchi carcerari che restano immobili e silenziosi, acquattati nell’ombra.
Dal corridoio della sezione mi giungono scampoli di conversazioni: in questi momenti che precedono la chiusura dei blindi anche la non-vita di questo non-luogo assume i suoni e le parvenze di una qualche quotidianità domestica, prima del sonno.
Fra poco il corridoio su cui si affacciano le celle sarà uno spazio vuoto e muto, percorso solo dal passo cadenzato delle vigilanti.
………….
La luna è già alta in cielo, sta per scomparire oltre il cornicione….
Ora di lei resta un alone argenteo, presto sommerso dal fascio freddo dei riflettori che scrutano perennemente le tenebre.
Immagino il suo lento andare lungo la mia valle, sui boschi della Clarea: nelle notti di plenilunio i sentieri verso il cantiere sono così chiari, che si possono percorrere senza l’aiuto di luci artificiali.
Quanti passi insieme, giorno e notte, verso gli appuntamenti della nostra lotta…quanti brindisi di Capodanno davanti alle reti…
……….
La malinconia alimenta la memoria e mi riporta al 2011, il primo di quei capodanni.
Ci preparavamo a contrastare la cementificazione della piccola valle immersa tra acque e foreste e, con mesi di lavoro, avevamo costruito la minuscola baita in pietra che, in quell’anno, sarebbe diventata, oltre che presidio NO TAV permanente e attivo contro le devastazioni del cantiere annunciato, luogo di accoglienza spontanea per i viandanti diretti, attraverso la via Francigena, verso Santiago di Compostela (il timbrino NO TAV era utilizzato come annullo irrituale per i tanti che ci chiedevano un segno del loro passaggio sulla strada dei pellegrini).
Nel capodanno 2011 c’era la neve alta in Clarea e fu faticoso raggiungere la baita.
Ma ricordo con emozione l’incanto di quel silenzio così profondo che si potevano percepire i rumori minimi del bosco, lo sgrondare di un ramo, un passo furtivo di animale, un frullo d’ali.
E sopra di noi si dispiegava la meraviglia di un cielo dove camminavano le costellazioni, così splendenti e vicine da regalare l’illusione di poterle toccare.
…………..
Ora la nostra baita è prigioniera anch’essa, dentro le mura del cantiere, tra macerie e matasse di filo spinato, col tetto che va sfaldandosi e i vetri rotti.
Né ci sono più, a proteggerla, i castagni centenari, sradicati per far posto al cemento, ai detriti velenosi di amianto e uranio.
E la notte favolosa è diventata giorno artificiale in una ridda di torri faro e di accecanti riflettori.
Ma la luna, nel suo eterno andare, continua a percorrere quei luoghi, proteggendo, con la sua luce, la nostra irriducibile resistenza.