Stamattina, dando acqua alle piantine assetate dal vento di questi giorni, ho scoperto una lucertola cucciola, davvero minuscola, che lambiva le gocce d’acqua cadute sul davanzale. Ha alzato verso di me il capino, fiduciosa, ed ha continuato a d esplorare la pietra umida, prima di andarsene, senza fretta.
Ho riflettuto sulla meravigliosa, fragile perfezione di quel corpicino pieno di vita; ho immaginato le esistenze minute, le prime a scomparire quando l’arroganza dell’uomo devasta l’armonia della Terra; e il pensiero è tornato ai grandi ramarri della Clarea, alle formiche rufe, al pullulare tenace della vita che il cantiere del TAV ha annichilito.
Il foehn alto, che trascina nuvole e fa splendere il cielo pomeridiano, mi comunica l’urgenza del ritorno sul sentiero lungo il quale saranno fiorite le primule e l’equiseto avrà gittato la trina dei suoi germogli. Certamente qualche capriolo balzerà nel folto della macchia, il vento trarrà arpeggi dalle lamiere e dai fili di ferro delle vigne. E il cantiere mi apparirà più che mai come l’anomalia da cancellare in questa radiosa giornata di primavera.
Prendo zaino e bastone, calzo gli scarponi e parto.