Cantiere TAV di Arquata Scrivia.
Fino a qualche giorno fa era una spianata di terra rossa,intervallata da qualche scampolo d’erba, calcinacci di case abbattute, il tutto chiuso da reti nelle quali fece allegra breccia l’ultima manifestazione.
Ora quel vuoto si sta popolando di conteiner, silos, mezzi movimento terra, fari che rompono la notte e condannano la zona ad un eterno giorno artificiale.
Il presidio NO TAV, che sorge nelle vicinanze, ha organizzato un’iniziativa serale per denunciare l’ennesima stangata di provvedimenti giudiziari e fogli di via contro gli oppositori al Terzo Valico. Musica, una grigliata, gioia di ritrovarsi, tristezza per chi non può esserci, come Claudio, bandito “fino alla fine dei lavori” da tutti i Comuni sede di cantiere della grande mala opera.
Quanto diversi, inesorabilmente inconciliabili sono questi due mondi che si fronteggiano!
Qui voci e abbracci. musica e canzoni, le ghirlande di luci a illuminare la breve radura, il fuoco buono e il fumo della grigliata; i tanti volti di un popolo in lotta. Di fronte, una congerie di macchine immobili in un silenzio innaturale, cui fa da sottofondo l’ansito monotono dei generatori. Celate nell’ombra le sagome scure dei furgoni di polizia.
La sera si fa notte, una notte di stelle.
Scendo con altre donne per il sentiero che fiancheggia le reti e si inoltra nel bosco. Vista da vicino, la terra ferita è un groviglio di radici da cui emana un vapore di lacrime.
Ad un’ansa della strada ci troviamo nel bosco fitto. Gli alberi schermano l’invadenza dei riflettori. Il gracidìo delle rane ci parla di misteriosi acquitrini fioriti di iris. Dal buio fondo emerge una moltitudine di lucciole, lumi che pulsano col ritmo del cuore e sembrano invitarci ad andare avanti, oltre l’orrore e l’impotenza del presente.
Bellezza fragile e minacciata, destinata a cadere sotto la violenza del TAV, se non riusciremo a fermare la grande mala opera.
Ritorniamo. Lungo le reti rimpiango le tronchesine che ho usato e perso nei boschi della Clarea.
Rumori alle nostre spalle; improvvisamente si materializzano due digos, per scomparire di nuovo nell’ombra. Altri li troviamo nel piazzale dove recuperiamo l’auto.
Repressione è anche questo: il potere occhiuto, nemico di ogni gentilezza, che si insinua nella vita di ognuno, spiandone passi, pensieri, sentimenti, sogni ben sapendo che avrà definitivamente vinto solo se al deserto della terra riuscirà ad aggiungere il deserto della volontà e della speranza.
Rientro in Valle che è quasi l’alba; tutto è pace e silenzio sui paesi addormentati.
Le stelle baluginano piccole, remote. Ripenso ai cieli notturni della Clarea, in quel giugno della libera repubblica della Maddalena che sembra così lontano, quasi irreale. Quanto difficile, angoscioso diventa tornarvi ora che la devastazione morde luoghi e ricordi! Ma più difficile sarebbe dimenticare, arrendersi alla ragionevolezza di chi si dice realista ed ha semplicemente accettato il deserto del cuore.