Alessandria. Dopo il caos della periferia milanese, stretta tra autostrade e cantieri come in una gabbia, ci viene incontro la campagna: lunghi filari d’alberi, cascine, prati con grandi macchie gialle di colza in fiore.
L’autostrada che stiamo percorrendo è una ferita tra tanto verde; e porta un nome, Itinera, il marchio della famiglia Gavio che da queste parti (e non solo) la fa da padrone, da sempre, tenendo in pugno, col bastone e la carota, persone ed imprese. Itinera: autostrade e TAV, cave ed edilizia, dighe e lavori marittimi. Un suo cantiere è presente anche a Salbertrand, in Valle di Susa, dove ha messo piede con l’autostrada del Frejus e continua con l’Alta Velocità Torino-Lyon.
Ad Alessandria ci spetta una serata sull’“altra Europa”, presso la Casa di quartiere “Don Gallo”; ma è ancora presto, abbiamo un intero pomeriggio per scoprire qualcosa di più su questa città e su chi la vive.
Visitiamo la Casa, ci accompagna Cristina, una persona bella e generosa. I locali sono curati e spaziosi: a fianco dell’abitativo, quello che fu un ex capannone industriale è ora palestra, sala concerti, spazio adibito a mostre ed attività culturali.
Ai lati si aprono salette polifunzionali. In questo momento fungono da aule scolastiche per i corsi d’Italiano ai lavoratori immigrati.
Don Gallo sorride arguto da tutti i muri, fotografato tra bandiere della pace e NO TAV, ritratto lungo i “carruggi” di Genova, in compagnia dei personaggi che le canzoni di De Andrè ci hanno reso cari, quelli che “…se non son gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo”.
Fuori, c’è la città, un centro storico che si divide tra gioielli d’arte non valorizzati e quartieri popolari che ancora mantengono le linee architettoniche dei rioni operai, ma ne hanno perso la combattività e l’allegria. Visitiamo il chiostro di una delle più antiche chiese della città, Santa Maria di Castello. Attualmente accoglie giovani rifugiati africani: una sosta temporanea, dopo l’inferno della guerra e della traversata. Li troviamo seduti sotto gli alberi del giardino interno, silenziosi, come spaesati dalla mala accoglienza di un Nord del mondo che ha portato devastazione e sfruttamento ai loro paesi e ora ne accoglie i fuggitivi alla stregua di pacchi scomodi da rispedire al mittente o come forza lavoro a costo zero, da abbandonare ai caporali delle aziende agricole-lager, fiorenti in questa zona.
Camminiamo per strade tristi, tra pochi, frettolosi passanti.. La ‘ndrangheta dei grandi appalti, partito trasversale e potente, è qui una diga invalicabile, una sterminata gora di acque morte.
Ma ecco venirci incontro Claudio, che conosciamo da tanto tempo come militante della lotta contro il TAV-Terzo Valico. E’ lui a farci inconrare l’altra parte della città che non si arrende, quella dei centri sociali autogestiti
Il Laboratorio Sociale si apre nei locali di quella che fu una caserma dei Vigili del fuoco. Un presidio antisfratto che organizza le lotte per il diritto all’abitare. Spazi ampi, puliti e ordinatissimi per molteplici attività, che vanno dalle scuole per lavoratori migranti, ai corsi di doposcuola (un servizio gratuito, fornito un tempo dalla scuola pubblica, ora caduto sotto la scure del “patto di stabilità”). E ancora palestra popolare, sala concerti, centro di documentazione.
Gli studenti medi si trovano invece al Csa Forte Guercio.E’ una piccola costruzione tra i bastioni dell’antico forte, del quale restano mura, e ruderi invasi dal verde, popolati di animali selvatici (ad accoglierci sul sentiero una minilepre che ci osserva curiosa , prima di scomparire nell’erba alta). Sulla facciata, tra murales e rampicanti, sventola la bandiera NO TAV. Affreschi e scritte coprono le pareti della grande sala interna, a raccontare lotte e utopie. Il grigiore triste della città qui diventa colore squillante, l’indifferenza si fa calore di rapporti sinceri.
La sera ci sorprende al Forte, si allarga sulle mura annerite.
E’ ora di tornare al luogo del dibattito dove ci aspettano Dijana, Giuliana, Nicolò, per parlare di un’Europa e di un mondo senza guerre, razzismi, sfruttamento, devastazioni sociali e ambientali.
Dobbiamo collettivamente volerlo e costruirlo “ …se non ora, adesso” direbbe don Gallo.