Valgia Silvilla, Iulio Valiano filosofo. A loro appartengono le pietre tombali, presso le quali siedo, alle terme di Diocleziano. Poco lontano c’è la piccola lapide dedicata dal padre ad un non nominato bambino. Il tempo ha cancellato di loro i volti e le storie, nulla ci è dato sapere di loro, tranne il secolo in cui camminarono su questa terra, il secondo dopo Cristo.
Eppure furono vivi, ebbero certamente sogni, legami, gioie, tristezze, furono amati o furono indifferenti al mondo. Silvilla forse ebbe figli, il bimbo ignoto giocò nei cortili della sua città e sua madre pianse su di lui. Il filosofo sì interrogò certamente sul senso della vita e della morte. Ora fa loro compagnia il profumo amaro delle siepi di bosso, la pergola di rose bianche ancora in boccio.
La marea dei turisti scorre come un fiume indifferente.
Ma ieri, a Roma, ho visto un’altra marea, un fiume multicolore, allegro, di donne e uomini che portavano in fronte storie reali e riconoscibili, bisogni a cui cercavano concreta risposta, una volontà di futuro che aveva il viso e la voce dei figli che tenevano per mano o spingevano nei passeggini. E poi bandiere, striscioni, palloncini colorati, interventi e musica dai furgoni, tutti a rivendicare “Casa, reddito, dignità”.
Una folla che si è mossa da Porta Pia ed ha riempito le vie di Roma, quelle dei ministeri e dei palazzi del potere, irriducibilmente “altra”, inquietante per il sistema, per questo guardata a vista da un imponente schieramento di agenti in assetto antisommossa e, alla fine, in Piazza Barberini, pesantemente caricata a colpi di lacrimogeni e manganello. Ho negli occhi le donne che, con i bimbi in braccio, cercavano di mettersi al riparo; la massa di inermi che, senza via d’uscita sono stati raggiunti, buttati a terra, selvaggiamente picchiati.
In quella Roma c’era anche, della Valle di Susa che resiste e non si arrende, la parte più bella e generosa, le nostre ragazze e ragazzi, contusi e senza più scarpe, ma preoccupati di proteggermi e mettermi in salvo, quando, caduta, avevo ormai addosso il passo ferrato dei gendarmi.
Ieri in piazza era palpabile e concreto il conflitto tra il mondo del capitale, che usa l’”austerità” per fabbricare catene e cancellare diritti, e il mondo gentile e generoso di chi si batte per realizzare il sogno collettivo di uguaglianza e di liberazione
Con questo popolo che, ferito, scalzo, esausto, si rialza in piedi, riprende le bandiere e si rimette in cammino, vale la pena di vivere e lottare, sempre, fino all’ultimo respiro.
Solidarietà totale ai compagni arrestati, ai denunciati, ai feriti. Un abbraccio a chi c’era, a chi ci sarà.