In ricordo del partigiano Ugo Berga

Parlare di Ugo, che ieri abbiamo accompagnato al tempio crematorio di Torino, non può essere un’ operazione rituale: antiretorico com’era, non sopportava la pietrificazione dei riti che celebrano l’immobilità della morte più che la meraviglia dell’esistere..
Sicuramente non erano retoriche le bandiere partigiane portate dai ragazzi della Resistenza che continua, più indispensabile che mai, perché il fascismo ha mille volti, risorge virulento e il passato si salda al presente in un’ingiustizia senza confini.
Tanti in questi giorni ne hanno ricordato la storia di comunista e partigiano, la profonda cultura, non omologabile da conformismi ed opportunismi ,lo spendersi a raccontare con una semplicità che lo rendeva caro ai giovani, l’arguzia con cui sapeva mandare in pezzi l’imbalsamazione della storia e farne rifluire la vita, lo spirito critico che lo rendeva immune da compromessi col potere e che lo spinse a schierarsi fin da subito col movimento NO TAV.
Anch’io di lui ho un ricordo particolare che mi commuove e che voglio raccontare.
Era l’8 dicembre di qualche anno fa: una ricorrenza importante per la Valle, capace di unire simbolicamente età ed esperienze diverse.
In quella data, infatti, nel 2005, liberammo Venaus abbattendo le reti del cantiere TAV innalzate in tutta fretta dopo che, due giorni prima, su quegli stessi prati era stato sgomberato a suon di manganellate il campeggio resistente .
Mentre, molti anni prima, l’8 dicembre del ’43, poco lontano, sulla montagna di San Giorio, fra i boschi che per anni avevano protetto le riunioni del partito comunista clandestino e dove, dopo l’8 settembre, avevano trovato rifugio i giovani ribelli contro fascismo e nazismo, era nata col giuramento della Garda, una delle prime formazioni partigiane d’Italia.
Ogni anno si sale alla Garda per ricordare e rinnovare quel giuramento; anch’io ci tornai, come sempre.
Era il 2016. Da mesi continuava la disobbedienza mia e di altri militanti contro le misure degli arresti domiciliari emessi nei nostri confronti dal tribunale di Torino per un episodio di resistenza NO TAV: da parte nostra un’illegalità consapevole e rivendicata, sostenuta dal Movimento, in nome di una più alta legittimità.
Arrivai a cerimonia iniziata: gonfaloni dei Comuni, autorità civili e militari, picchetto d’onore, forze dell’ordine all’erta, discorsi ufficiali. Tutto sembrava procedere secondo il consueto, ma l’imbarazzo si tagliava col coltello.
Fu il commissario politico Ugo Berga a sbloccare la situazione: poche, semplici parole, per riannodare il passato al presente e ricordare che, ora come allora, contro il potere ingiusto la resistenza è un dovere ; poi salutò il Movimento NO TAV e la mia presenza.

In quei momenti Ugo era tornato il giovane dai capelli rossi di cui ci parla Ada Gobetti nel suo Diario Partigiano; e intorno a lui si erano materializzati i suoi compagni, schierati nella radura della Garda come li ritrae la bellissima fotografia che apre le Memorie di Sergio Bellone: poco più che ragazzi, contadini e operai figli della Valle, qualcuno venuto da lontano; un esercito del popolo male equipaggiato, ma col cuore saldo e la schiena dritta.

Con questo ricordo e con la commozione che ogni volta mi suscita voglio salutare l’uomo e iil compagno Ugo Berga, partigiano sempre, indifferente mai.