Un mese da evasa.

admin-ajaxDa ormai un mese ho lasciato la mia casa, i miei animali, le piante che crescono
selvagge sui miei balconi, i grandi cedri pieni di nidi. Da un mese non rivedo la stanzetta quieta che custodisce libri e ricordi di settant’anni.

Da un mese me ne sono andata, in opposizione all’arbitrio degli arresti domiciliari “cautelari” che avrebbero voluto trasformare i luoghi e gli affetti della mia vita in carcere e fare di me l’obbediente, collaborante carceriera di me stessa.

Me ne sono andata perché amo e difendo la quotidianità dell’esistere, lo sfaccendare sereno nelle mie stanze, le creature che mi sono dolci compagne, le conversazioni quiete con gli amici.

Ora vivo altrove, non mi nascondo, ho pronte le mie cose per ogni ulteriore evenienza; le donne, gli uomini, i bambini del movimento sono con me ad allietare ed a proteggere le mie giornate.

E’ proprio questa socialità buona e fraterna a mettere in difficoltà un potere tanto arrogante quanto vile, il quale controlla quotidianamente la mia casa, si imbatte continuamente nei luoghi e nei momenti della mia evasione, ma non ha il coraggio di fermarmi, di affrontare la forza di un popolo che difende, con testarda mitezza e dissacrante ironia, il diritto ad un futuro più giusto e più vivibile per tutti.

Da oggi ho deciso di riconquistarmi la piena agibilità: anche se a casa non torno (lo farò quando quest’avventura sarà pienamente finita), riprendo in totale libertà la partecipazione ai viaggi per raccontare la lotta NO TAV ormai trentennale ed approfondirne i legami; tante realtà ci attendono per conoscere, esprimere solidarietà, organizzare una resistenza che non può più attendere.

E voglio tornare in Clarea, percorrere il sentiero tra i boschi autunnali, respirare emozioni e ricordi, riprovare la indignazione dell’arrivo al cantiere, la rabbia lucidissima che si fa lotta, volontà di liberazione, progetto di un futuro in cui ogni essere vivente possa davvero dare secondo le proprie possibilità e ricevere secondo i propri bisogni.