A Milano, il primo maggio, al corteo NO Expo c’eravamo, sì, c’eravamo, anche se i mass media che strombazzano auto bruciate, vetrate di banche rotte e poliziotti feriti, nulla dicono delle migliaia di persone, che hanno sfilato per dare volti e voci alle lotte ambientali, alle rivendicazioni per un lavoro che non sia morte, per un cibo che non avveleni, non provochi sofferenza animale e non desertifichi il pianeta, per i diritti alla salute, alla casa, ai saperi. E continuiamo a lottare contro questa fiera delle vanità e delle bugie, la quale, dietro alle quinte fiorite (e non terminate, tanto da cadere a pezzi sui visitatori), nasconde il volto orrido delle multinazionali che fondano il loro profitto sull’avvelenamento e la morte per sete della Terra, sulla schiavitù della popolazioni, sulla rapina delle risorse e della vita.
Eravamo consapevoli che la lotta sarebbe stata dura, che i poveri del mondo sarebbero stati usati e gettati, che la pseudocultura di regime avrebbe incanalato turisti dell’illusione e scolaresche in gita nel luna park del Grande Fratello. Ma sappiamo bene che non ci sarà futuro se non continueremo ad assediare concretamente il potere, a “partire e tornare insieme”, ad essere la voce che grida milioni di NO in questo deserto di incubi e di compatibilità.