Oggi a Brescia Renzi ha riciclato la teoria fascista del corporativismo: padroni e operai tutti uniti sotto l’etichetta che non prevede conflitti, scioperi e rivendicazioni degli sfruttati contro gli sfruttatori.
E’ il “bene comune” marca Jobs Act che lo chiede, quello che sancisce l’alleanza globale del capitale e porta alla liquidazione finale di diritti conquistati da cinquant’anni di lotte e corrosi nel tempo da violenze padronali e connivenze politiche e sindacali.
Contro tutto questo deve sorgere (ed e già quasi tardi) un conflitto collettivo degli oppressi che si organizzano senza possibili mediazioni.
Non interpreta i bisogni reali chi, dai palchi sindacali, a Torino, chiama provocatori gli studenti che manifastano contro i ministri del lavoro europei rinchiusi a concertare ulteriori precarizzazione e sfruttamento. E non rappresenta i lavoratori manganellati chi, a Roma, chiama “lavoratori” i manganellatori in divisa.
Solidarietà attiva agli antagonisti che oggi a Brescia, nonostante le manganellate, non hanno rinunciato ad assediare il palazzo dove, tra sorrisi e applausi, si consumava l’ennesima, umiliante svendita di quei diritti costruiti sul sangue partigiano e operaio, di giustizia sociale, libertà, solidarietà tra oppressi, salvaguardia sociale e ambientale, dignità e futuro per chiunque da qualunque parte del mondo.